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La commozione di Emilia non le permise di rispondere, e Valancourt, avendo gettato gli occhi su di lei, la vide impallidire e sul punto di venir meno: fece un moto involontario per sostenerla, e questo moto bastò a farla rinvenire con certo quale spavento. Quando Valancourt riprese la parola, tutto in lui, e perfino la voce, manifestava l'amore il più tenero.

Il signor Omobono, che da parecchi mesi non s'era più lasciato vedere, un bel ricomparve in casa della vedova; e fu appunto in quel tempo che Damiano, dopo la mala riuscita del concorso, aveva perduto il coraggio e la buona speranza. Chi lavora per il male sa troppo spesso scegliere il buon momento per mettere la sua trista parola. Il signor Omobono, un di coloro che non accattan brighe colla coscienza, speditamente infilzò alle due donne una corona di bugie. Cominciò a dir loro che affari di gran peso l'avevano tenuto per tutto quel tempo fuor di Milano, ma che non per questo egli soleva dimenticare gli amici; s'informò minutamente delle cose della famiglia, mostrando di pigliarvi grandissima sollecitudine, e maravigliandosi all'udire ciò che sapeva di gi

In questo senso la libert

Scendete, dissi a costui; questo è il mio cavallo che voi rubaste a Nicotera. Egli scendendo e abbandonandomi il cavallo, rispose: Lo presi d'ordine del comandante.

PROTODIDASCALO. Vuoi tu per questo appeter la morte? LAMPRIDIO. Assai meglio che mal vivere. Sendo mancata la mia nel cuor di quella di cui l'imagine è piú viva nel mio che non v'è l'anima istessa, ed essendo morta per me chi era cagione che a me fusse cara la vita, non mi curo piú d'anima di vita. GIULIO. Sei tu disperato?

Messer Lippo non è a dire in quale apprensione ritrovasse Selvaggia dopo questo fatto! Dalla Cattedrale era gi

Quanto a voi, disse poi al dottore, non vi date troppo fastidio, il miglior servizio è lasciarmi finir presto. De Emma, nella sua passione di medico, non si sgomentò per questo. Non vide in lei che un organismo da conservare a dispetto della sua volont

Correvano gli ultimi giorni del 1268 quando, perduta la battaglia di Tagliacozzo, giungevano su questo lido, fuggiaschi e pieni di terrore, il giovane Corradino, il principe Federigo d'Austria, il conte Galvano Lancia con i suoi figli, insieme coi due conti della Gherardesca, parenti dell'infelice Ugolino che i versi di Dante hanno immortalato. Venivano da Roma dove, come narra il cronista Saba Malaspina, avevan cercato rifugio dopo la sconfitta, e dove era rimasto Guido da Montefeltro, quale vicario del senatore Arrigo di Castiglia. Corradino era giunto col

A piè del capezzale inginocchiossi Frate Andrea, il quale, alzata colla destra la croce che andava unita al rosario che gli pendeva dalla cintura, intuonò le litanie ed altre preci pei defunti, cui rispondeva Trincone, postosi parimenti co' ginocchii a terra: rilevatosi il Frate, appressossi ad Imazza, che non aveva mai tolti gli occhi dal volto del proprio figlio, sembrava per anco essersi accorta della presenza di quegli estrani, e come era suo ufficio e costume in simiglianti circostanze per alleviarne il dolore, e distorla da quell'intenso pensiero, cominciò con voce lenta e pietosa a così dirle: "Il Signore non volle concedere che io giungessi a tempo di confortarlo colle sante parole della Chiesa, o di lavargli la ferita coll'acqua mirabile che recai meco a quest'uopo; ma non paventate per questo, o madre, anzi abbiate viva speranza che egli sar

Io le manderò questo bacio, rispose Tiberio, baciandole castamente la fronte. Ed uscì. Bambina sentì come qualche cosa che si spezzava in lei. Il cielo radioso della sua infanzia e della sua adolescenza si tinse di nero. Più nulla indietro di lei; innanzi a lei, il fantasma mostruoso dell'infinito.