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Aggiornato: 25 giugno 2025


Essa piangeva raccontandomi che lasciava il servizio della sua cara padrona, ed il castello nel quale passò tanti anni felici. E quel che è peggio, aggiungeva, senza una lettera della signora Emilia che me ne raddolcisca il dolore. Questa è l'opera del signor Quesnel; e ardisco dire ch'essa ignora tutto quel che si fa in questo luogo.

Prima di separarsi, Quesnel desiderò intertenersi in particolare col cognato; entrarono ambidue in un'altra stanza e vi restarono a lungo. Il soggetto del loro colloquio rimase ignoto; ma Sant'Aubert al ritorno parve molto pensieroso, e la tristezza dipinta sul suo volto allarmò assai la di lui consorte.

Ho deciso di spendere nel mio castello trenta o quarantamila lire in abbellimentisoggiunse Quesnel, senza badare alla risposta del cognato; «mi son proposto di farci venire i miei amici nella prossima estate. Il duca di Durfort, il marchese di Grammont spero che mi onoreranno della loro presenza per un mese o due

Dopo una conversazione generale, Sant'Aubert mostrò desiderio di parlargli da solo a solo. Emilia restò colla signora Quesnel, e fu tosto informata come per quel giorno istesso fosse stata invitata una societ

Si erano prefissi di passare la notte in casa di Sant'Aubert, e siccome il castello non bastava ad alloggiare tutti i domestici, furono mandati al vicino villaggio. Dopo i primi complimenti e le disposizioni necessarie, Quesnel cominciò a parlare delle sue relazioni ed amicizie. Sant'Aubert, il quale aveva vissuto abbastanza nel ritiro e nella solitudine perchè questo soggetto gli paresse nuovo, lo ascoltò con pazienza ed attenzione, ed il suo ospite credè ravvisarvi umilt

Quesnel parlò dei propri affari col suo tuono ordinario d'importanza. Vantò i nuovi acquisti, e compianse con affettazione Montoni delle recenti perdite da lui fatte. Quest'ultimo, il cui orgoglio almeno era capace di sprezzare una tale ostentazione, scuopriva facilmente, sotto una finta compassione, la vera malignit

Poco dopo il suo arrivo a Venezia, Montoni ricevè una lettera da Quesnel, che gli annunziava la morte dello zio della propria moglie nella sua villa sulla Brenta, ed il suo progetto di venir tosto a prender possesso di cotesta casa e degli altri beni toccatigli. Questo zio era fratello della madre della signora Quesnel. Montoni eragli parente da parte di padre, e sebbene non avesse nulla a pretendere da cotesta ricca eredit

Emilia intanto si avvicinò alla signora Quesnel, la quale parlava della Francia. Il solo nome della di lei patria erale caro: provava gran piacere nel considerare una persona che ne veniva. Quel paese d'altronde era abitato da Valancourt, e dessa ascoltava attentamente nella lieve lusinga di sentirlo nominare. La Quesnel che, durante il suo soggiorno in Francia, parlava con estasi dell'Italia, non parlava in Italia che delle delizie della Francia, sforzandosi di eccitare la curiosit

Dupont ed Emilia continuarono a discorrere di Montoni, della Francia, e del piano del loro viaggio. Ella gli disse che aveva intenzione di ritirarsi in un convento della Linguadoca; pensava di scrivere a Quesnel, per informarlo della sua condotta, ed aspettare la scadenza dell'affitto del suo castello della valle, per andare a stabilirvisi. Dupont la persuase che i beni, dei quali Montoni aveva voluto spogliarla, non erano perduti per sempre, e si rallegrò che fosse fuggita dalle mani di quel barbaro, il quale senza dubbio l'avrebbe tenuta prigioniera per tutta la vita. La probabilit

Sant'Aubert fu introdotto nel salotto da un elegante servitore parigino. I coniugi Quesnel lo ricevettero con fredda garbatezza, con qualche complimento alla moda, e parvero aver obliato totalmente di aver avuto una sorella.

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