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Aggiornato: 12 giugno 2025


E messer Pietro ristette, spianò le sopracciglia, che s'erano a tutta prima aggrondate; fe' un gesto da fianco per chetare il Picchiasodo, che egli colla coda dell'occhio avea visto dare un sobbalzo in arcione e spronare avanti il cavallo; quindi componendo le labbra ad un risolino tra cortese ed ironico, disse a Giacomo Pico: Parlate, messere, quantunque non sia luogo momento da ciò; son tutto orecchi ad udirvi.

Il dialogo, per altro era sulle ventitrè ore, e di certo moriva, se non giungeva un terzo interlocutore in aiuto. Era questi il Picchiasodo, ma da lontano, con un colpo di bombarda, che fece tremare, nella loro intelaiatura di piombo, i vetri onde pigliava luce la scala. Traeva egli dal poggio di Maria contro le mura e le torri del borgo sottostante.

Gratitudine di ventre satollo! doveva dire il Picchiasodo, più tardi. Del giro che fece un segreto prima di uscire ad utile di qualcheduno. L'ho detto; il Maso correva, volava come il dio Mercurio portalettere, o come Iride, messaggiera d'Olimpo.

Aggiungete che l'allegria fa buon sangue e ci aiuta a veder tutto bene, quello che è stato fatto dalla provvidenza, o dal caso. Però argomentate come al Picchiasodo godesse l'animo di aver tra' piedi il Maso e di fargli servizio. La vista di quel poveraccio gli ricordava l'Altino, il teatro di una tra le sue più allegre bevute.

L'impazienza rosolava mastro Bernardo, ben più che i carboni ardenti non rosolassero il pollo. Erano ambedue seduti sul murello dell'altana, quando l'ostiere comparve dall'abbaino, col suo piatto fumante tra mani. Picchiasodo fu il primo a vederlo, Degno ostiere! gridò egli, tirando dentro una gamba, che tenea cavalcioni sul muricciuolo. Tu hai fatto le cose alla spiccia.

Ha premura; incalzò il ragazzo, Se ne vada, allora; potevi dirgli che ci ho forastieri. Se gliel ho detto! Ma egli vi vuole ad ogni costo. Ha da essere un pezzo grosso, il vostro messer Giacomo! notò il Picchiasodo. Va dunque e vedi di contentarlo.

Per amor del cielo, messeri, che vuol dir ciò? chiese l'ostiere, con voce tremebonda. Animo, via, mastro Bernardo! entra a dirgli il Picchiasodo, con quel suo piglio burlesco. Non si sforacchiano mica le tue botti, la tua pancia, perbacco!

Che c'è? chi mi chiama? gridò egli con piglio impaziente. Son io, messere Anselmo; non mi conoscete? Io! persona, prima; borbottò il Picchiasodo; e che altro sei tu? Il Maso, messere; non mi abbandonate. Sono il ragazzo dell'Altino. Ah! disse il vecchio soldato, inarcando le ciglia. Diffatti, la riconosco, quella tua faccia di capocchio. Vien qua, buona lana, e non avertelo a male.

Che fortuna per l'osteria dell'Altino! ripigliò mastro Bernardo, che non aveva posto mente alle ultime parole del Picchiasodo, profferite a voce più bassa. E dite, magnifici messeri; poichè il numero è cresciuto, s'ha egli da metter due polli allo spiedo? Ah, ci vuol altro che spiedo! Or ora vedrai; -gridò il Picchiasodo con aria beffarda. Per un bicchiere di vino, intanto, non si dice di no.

Mastro Bernardo, gridò il Picchiasodo, troncandogli i suoi complimenti a mezzo, non lo sai tu l'adagio: chi n'assaggia ci torna? A te, ragazzo; tieni i cavalli. Ve li metto al coperto? disse il Maso, pigliandoli per le briglie. No, no, tirati l

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