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Aggiornato: 5 giugno 2025
Vaga, solinga e dolce tortorella, ch'ivi sul ramo di quell'olmo secco ferma t'appoggi ed hai pallido il becco, spennata, pegra e men de l'altre bella; dimmi, che piagni? Piango mia sorella perduta in queste selve, e lei dal stecco di questo antico legno chiamo, ond'Ecco miei lai riporta a la piú estrema stella.
Vi soddisfaccio subito; ma, guardate, non intendo di accertare la cosa e desidero anzi che siano fandonie, cara madama: voi avreste orrore; si tratterebbe di voler far man bassa sui nobili, sui ricchi, sulle persone e, piango in dirlo, fino sui ministri di Dio; anzi da questi vorrebbero incominciare quei manigoldi e quei demonii. Ah! caro signor Basilio, una specie di 93 dunque?
Era appunto quanto aveva bisogno quel povero cuore crucciato ed oppresso dal suo cruccio segreto. Un amico a cui confidarlo. Rispose senza scoprirsi il volto, perchè si vergognava: Piango perchè il mio amante mi ha abbandonata. Il vecchio signore fece un balzo sul sedile, ed esclamò meravigliato: Il suo amante? Lei aveva un amante? Ma quanti anni ha?
Fulvio si era buttato con le braccia e col capo sul parapetto, soffocando i singhiozzi. Ella aveva chinato la testa sul petto, come se pensasse profondamente. Una carrozza passò sulla via di Posillipo, al trotto, un suono di risa squillanti arrivò. Paola levò il capo. Non piangete, Fulvio. Non piango disse lui, disperatamente, Siate forte. Sono assai forte.
Quando in Bologna un Fabbro si ralligna? quando in Faenza un Bernardin di Fosco, verga gentil di picciola gramigna? Non ti maravigliar s’io piango, Tosco, quando rimembro, con Guido da Prata, Ugolin d’Azzo che vivette nosco, le donne e ’ cavalier, li affanni e li agi che ne ’nvogliava amore e cortesia l
Leggo il mio saluto. Oh se tu potessi piangere, come piango io!... Eppure spero... Ci incontreremo, sarai mia!... Forse incominciano adesso le mie battaglie... Perseveranza, Castit
Tosto che ’l duca e io nel legno fui, segando se ne va l’antica prora de l’acqua più che non suol con altrui. Mentre noi corravam la morta gora, dinanzi mi si fece un pien di fango, e disse: «Chi se’ tu che vieni anzi ora?». E io a lui: «S’i’ vegno, non rimango; ma tu chi se’, che sì se’ fatto brutto?». Rispuose: «Vedi che son un che piango».
Ludovico Non piangete così.... Non merito le vostre lagrime. Elena E che importa! Io non piango per tutto il male che mi fate: piango... per il bene che non posso farvi. Ella, scorgendo la presenza di Elena, si ferma trepidante. Non ha più il coraggio di avanzare, e si nasconde tra gli alberi, guardando, spiando. È vestita di nero. Elena Ludovico Elena
«Eh!» esclamò, sussultando. «Come fa a conoscermi?» Poi soggiunse guardandomi fissa: «E cos'ha da piangere?» «Piango per amore di una donna», dissi, «che è stata buona con me.» «Ce ne sono tante di buone donne,» disse lei. «Anch'io sono buona. Perchè? Cos'ha? Cosa vuole?»
Mio Dio, Ti supplico, ginocchioni, gettato a terra Ti supplico, fammi morire! Ho letto le memorie dell'anno scorso. Mio Dio, fammi morire. Risparmiami un altro anno di tormenti. Trovo nel cassetto una memoria che mi diede Vittoria. Oh piango! E devo scrivere pei musei e pelle biblioteche. Ho lavorato cinque ore. Scendo. Trovo i confetti della sposa. 21 febbraio. Perchè sono sì sconfortato?
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