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Aggiornato: 3 giugno 2025
Aprile, 1869 A. G. B. Racconto una storia vera, giusta il mio costume, che dovrebb'essere di tutti coloro i quali non sono molto esercitati nell'arte del novelliere. Facile è lo inventare, e ci si mette quanto a dir male del prossimo; difficilissimo, poi, dare alle sue invenzioni la evidenza del vero, lumeggiarle con quei tocchi di pennello che le fanno balzar quasi dalla tela.
Giusto ebbe l'audacia di immaginare l'arte gentile che egli avrebbe fatto nel primo tempo dopo le nozze, quando la cugina Maria.... diciamo.... fosse al suo fianco, e l'arte grande che gli sarebbe uscita dal pennello quando Maria, diciamo ancora così, avesse preso proporzioni un tantino matronali, ma un tantino appena, e il suo viso di faterella allegra fosse oscurato da quell'ombruzza di melanconia di chi ha visto da lontano il dolore.
Del resto, che gran differenza c'è fra un pittore e un imbianchino? La sola, veramente grande, è che il pittore adopera un pennello a manico breve e la tavolozza, mentre voi altri adoperate il pennello a manico lungo e la secchia. L'ingegno solo fa la grande distinzione; ed io, fra un imbianchino d'ingegno e un pittore asino, scelgo subito l'imbianchino.
Non era invece da credere che una virtù misteriosa guidasse il suo pennello, se a lui per la prima volta occorreva così facilmente di ritrarre una cara sembianza, non mai potuta cogliere appieno, per quanto egli si arrovellasse nel suo proposito?
Egli era uno di quegli artisti che restano sempre sull'uscio, che hanno preso un pennello a caso come altri prenderebbe una scopa, e vanno avanti senza sapere il perchè, imparando il meccanismo dell'arte, per ridurla ad un mestiere che più oltre non saprebbero intenderne.
Sulla spalliera del lettuccio da sedere e di tutte le seggiole, come sull'alto della cornice di uno specchio inclinato, era intagliato lo stemma dei Montalto, un leone coronato, rampante su d'uno scoglio, con la breve leggenda «Altius», ossia, per dirla in volgare, «più alto». Quegli arredi eleganti, e una Madonna attribuita al pennello del Dolci, che si vedeva di rincontro allo specchio, decoravano un tempo il salotto della madre di Aloise, e il giovinotto le serbava gelosamente come preziose reliquie di un caro passato.
E nota il tempo ch'ella si confessa, se cambia confessore, e s'egli è bello, se ragiona con uomini alla messa: sempre è scandalezzata d'un bordello. Con ironia la chiama padronessa; eran le fanti mezzane a pennello: per le finestre spia le sue vicine, e fa che son zambracche e concubine.
Ho creduto, perchè ingegno ne abbiamo tutti in famiglia; ma quando mi dicevano che stavi creando un'arte nuova, tutta lombarda, un'arte che bisognava guardare da lontano, da un certo punto di vista, che i colleghi ti incoraggiavano imitandoti, anche avendo invidia di te... allora... Non credevi? Che credere! Domandavo sempre: si è fatto ricco col suo pennello?, mi rispondevano di no.
Egli voleva tradurre sulla tela quel profilo fino, aristocratico, capriccioso; quel modello di donna forte, voluttuosa... e invece il suo pennello tracciava una figura aerea, purissima, vergine, più d'angelo che di donna.
Finalmente l'ultima ora scoccò. Il pennello gli cadde dalla mano. Fu portato sul letto. Vedendolo, non lo si sarebbe detto un morente, poichè un sorriso passava sulle sue labbra.
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