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Il giovine accostò la fiaschetta alle labbra e bevve un sorso di rumme, che gli bruciò il palato. Ne beva un altro poco; soggiunse il Priore, notando la smorfia del bevitore novellino. Similia similibus curantur; è medicina omiopatica. Vedr

Anche Lalla lo vedeva di buon occhio, chè don Vincenzo era un ammiratore entusiasta della sua devozione, dei suoi talenti, della sua grazia; per altro lo derideva anche sovente, e si divertiva dal giardiniere e dal castaldo, contraffacendone la voce nasale, il collo torto, le cupide occhiate agli intingoli e lo scoppiettar della lingua contro il dotto palato.

Gastone si gettò fuori a chiedere aiuto, urlando, più pallido del ferito. Accorsero i domestici, accorse il conte de la Jonchère, fu chiamato il medico, il quale constatò che si trattava di cosa da nulla; una larga graffiatura al palato, che sanguinava abbondantemente; mezzo centimetro più giù, e Bruno sarebbe rimasto fulminato.

Ed agitava l'aria su la culla con un ventaglio: poi premeva con un dito il mento del bambino per abbassargli il labbro, per aprirgli la bocca. La lingua, che era aderente al palato, si abbassava come una valvoletta; e io intravedevo i fili del muco che si distendevano tra il palato e la lingua, la materia biancastra accumulata nel fondo. Un moto convulso rialzava verso il viso quelle piccole piccole mani divenute violette specialmente nella palma, nelle piegature delle falangi, nelle unghie; quelle mani gi

Sentiamo un po' questo vino! disse il Bello, accostando il bicchiere alle labbra. Il vino era buono, poichè, dopo averne mandato giù un centellino, egli fe' scoppiettare parecchie volte la lingua contro il palato; segno non dubbio del suo gradimento. Allora, percuotendo il suo bicchiere contro quello di Michele, disse con voce sommessa: Alla salute degli amici, e possa andar tutto bene!

La moglie in casa non facea credenza, ed egli in piazza spaccia elisirvite; e tenendo nel dua la rubescenza, di qua, di le genti ha sbalordite. Da pochi giorni in Saragozza egli era, e in brieve nel palchetto è quella sera. Quando riebbe la bizzarra il fiato, fece forza a se stessa: discorrendo col sassolino fitto nel palato, molte richieste al guascon va facendo.

Allora rimasero nell’aia Ciávola, il Ristabilito, le oche e La Bravetta. Questi, pieno di vergogna, di rabbia, di confusione, con il palato ancora morso dalla perversit

C'era di che soddisfare la fame rabida del cacciatore e da solleticare il palato d'un gastronomo sazio! Tutti aspettavano: ma si fanno le nove, e non giunge nessuno; suonano le dieci, nessuno; siamo alle undici, nessuno; scocca la mezzanotte, nessuno; canta il gallo, nessuno; albeggia, nessuno; spunta il sole, nessuno. E quel ch'è peggio, non un messo, un corriero, che recasse notizie.

DON FLAMINIO. Leccardo mio, parla presto, non mi far cosí morire: come sará mia? LECCARDO. Manda a tôr diece caraffe di vino per inumidir il palato e la gola, che stanno cosí secchi che non ne può uscir la parola. DON FLAMINIO. Arai quanto vorrai, e venti e trenta; ma parla presto. LECCARDO.... la vostra Carizia è maritata.... DON FLAMINIO. Maritata? Tu sia il malvenuto con questa nuova!

Oh! eccellente! esclamò Battista, centellinando quel fuoco liquefatto e facendo schioccare la lingua contro il palato. I vostri padroni non ne hanno di simile. Battista fece un gesto evasivo. Non è punto cattivo quello di casa Nori, ma io ritengo che il mio è migliore. Che cosa ne dite? Mah!... non saprei... Quello di casa non l'ho mai assaggiato. Possibile. Avete avuto tanto scrupolo?