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Aggiornato: 1 giugno 2025


DON IGNAZIO. Io per diligente informazione, che per molti giorni n'ho presa da molte onoratissime persone, ne ho inteso tutto il contrario. DON FLAMINIO. Dovete credere piú a me che a niuno. DON IGNAZIO. Credo a voi non al fatto. DON FLAMINIO. Anzi vo' che crediate al fatto istesso non a me.

AP. Non n'ho veduti. DIC. Credi tu che i morti possino risuscitare? FR. Non lo negher

SENNIA. Chi mi chiama? MASTICA. Chi desia vedervi contenta. SENNIA. Faccilo Iddio, ché n'ho bisogno. MASTICA. Sète voi tanto infelice? SENNIA. Che buona nuova mi rapporti? MASTICA. La dirò se posso far tanta triegua con la fame che mi lasci dire. SENNIA. Dillami su.

E ti basti, aveva ella risposto, pensando che il cuore trabalza, venendo ad incontrarli sul labbro. Piacerebbe a te di narrarmi il tuo passato? io, bada, chiederò mai di conoscerlo. Che colpa avresti ai miei occhi, se dal giorno che m'hai conosciuta il tuo cuore è stato mio, intieramente mio? Quanto a me, conte Fiesco, ho un passato, e tu lo conosci: ebbi un fiero padrone, che ho rispettato; n'ho uno assai cortese, che adoro. Tra l'uno e l'altro è il dolore d'una patria morta, a cui non gioveranno i miei pianti, ma a cui dobbiamo usare entrambi la piet

Oh! per me la è finita; son vecchio; tutti i miei ritratti e quelle teste di santi, sgorbiate in tanti anni, non m'han fatto un nome più famoso di quello del tabaccajo che sta qui sotto; ma n'ho cavato di che campare.... e poi tanto d'andar fino a Roma. Oh ! per me adesso, posso morir contento.... Le ho vedute anch'io quelle glorie dell'arte italiana, dell'arte nostra! e ho potuto contemplar la faccia di quei quadri che sono stati il sogno di tutta la mia vita. Ma tu sei giovine, Damiano; tu li vedrai a tempo, amico! e se il pellegrinaggio dell'artista a me tolse l'ultima speranza, a te dar

Mi perdoni il sor sindaco, ce n'ho... almeno mi pare che siccome la stagione è avanzata e per la strada del Fontanile adesso non ci sono fondi in bilancio, si potrebbe anche aspettare a dare un disgusto al sor curato... È lui che vi manda? Io dico il mio parere. Gi

Hai pur questo tuo pecco, come le donne, di voler morire d'ogni picciola cosa e avere in cima, come lo sputo, il pianto. Se non fosse ch'io troppo t'amo e del tuo mal m'incresce, in fine al cuore avrei or con fatica ritenuto le risa. È pur vergogna tanta viltá. CRISAULO. Dico che n'ho per sette de' buon consigli. Ma questo non basta: ché bisogna pazienza; di che i santi mancan talora.

Io?... disse Bonaventura. E voi, così avveduto come siete, non potete argomentarlo? , , lo capisco: penserete a vendicarvi. Ma come? questo amerei sapere da voi. Signor duca, notò il gesuita; non avete voi detto poc'anzi di averci i vostri segreti? Anche io n'ho la mia parte. Benissimo, e li custodite gelosamente? Sicuro. Abbiate le mie congratulazioni.

O Forca, ti veggia alzato in mezzo due forche che arrivino insin al cielo! o che Dio ti dia la mala ventura! DOTTORE. Tu l'hai avuta giá. Ma perché non cominci il lamento sopra i cinquecento ducati? Il lamento fallo sopra di te: che tu l'hai perduti, che colpa n'ho io? MANGONE. Son piú misero di quanti uomini sono stati o saranno o sono. O tristo me! DOTTORE. Anzi, me! MANGONE. Son rovinato.

E, se voi facesse a mio modo, pigliaresti altro partito e vi risolvaresti de' casi vostri: ché, per quel ch'io n'ho potuto comprendere insino a qui, voi vi perdete il tempo; ché la si mostra ostinatissima a non voler far mai cosa che vi piaccia. FLAMMINIO. E, se 'l dicesse Iddio, l'ha pure il torto.

Parola Del Giorno

dell’esule

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