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Fra i grati ricordi del contatto personale col liberatore delle Due Sicilie, veruno mi si affaccia così vivido alla memoria, come le mattutine passeggiate a cavallo nelle vicinanze di Palermo sino alla battaglia di Milazzo.

In otto giorni, Palermo fu sgombra dalle truppe regie, e Garibaldi le andò a raggiungere a Milazzo, e le vinse. Passato il faro, corse trionfante fino a Napoli con pochi o niuni contrasti; entrò quale Cesare vincitore nella grande citt

La cura di ciò spetta a Garibaldi, osservò il maggiore. Sapete ch'ei conosce il segreto di vincere coi pochissimi i molti, e d'espugnare fortezze senza uopo di cannoni; come avant'ieri Milazzo. Durante il colloquio, il cavaliero ed io ci guardavamo con curiosa indagine come chi fruga nella memoria un'idea smarrita, onde finalmente gli dissi: Mi pare di conoscervi. E a me voi.

Di notte lo facevan sorprendere da lor gente e gli facevano aggiustare delle bastonate da orbo; in seguito alle quali per ordine immediato e de mandato venivano chiusi, questi, il Marchesino, nel Castello di Siracusa; quegli, che alla fin fine, perchè trascinato dall’amico, avea sorbito a beneficio altrui l’amaro senza aver gustato il dolce, nel Castello di Milazzo.

A me è parso, quanto al tempo, seguir Neocastro e Speciale, per esser nazionali, e perchè non è probabile che i Messinesi quando furono assediati da tanto esercito, volessero o potessero mandar gente alla difesa di Milazzo.

Non vi dirò, signori, quale lo vidi a Calatafimi e a Palermo, in mezzo alle palle borboniche, sereno, raggiante il viso; fu sempre così in tutti i combattimenti. Ricorderò soltanto un episodio della battaglia di Milazzo. Il 20 luglio 1860 s’era impegnata la battaglia; e le sorti per un momento parvero incerte. Spunta da una viuzza un mezzo squadrone di cacciatori con un maggiore alla testa.

In un diploma di Carlo I dato il 20 settembre duodecima Ind. è ordinato al capitano di Geraci di fornir sei once d'oro a Francesco de Tore da Milazzo, che per seguire il re avea perduto tutti i suoi beni in Sicilia; il qual danaro si dovea togliere da' beni de' traditori in Geraci. Dal r. archivio di Napoli, reg. 1283, A fog. 56, a t.

Il libro è piccolo di mole, ma grande per le memorie che suscita, per le simpatie che inspira, pei ricordi che evoca. Alla narrazione appassionata di Ernesto Pozzi, l'arte ha voluto aggiungere, colla patriottica matita di Sebastiano De Albertis, l'Orazio Vernet della nuova Italia, una nota calda e generosa. La penna, il pennello e la spada si sono stretti in un abbraccio ineffabile. Il volontario di Milazzo, di Mentana e di Digione ha scritto. Il soldato delle Cinque Giornate, della campagna 1848, di Varese, S. Fermo, 1859, e di Bezzecca nel 1866, ha disegnato. Due generazioni si sono alleate per questo volumetto, che a noi, sul tramonto, rammenta un'ora entusiastica della giovinezza perduta, e che ai venturi, pei quali la storia d'Italia sar

Egli si lusingò che io avrei guidato una schiera dei vincitori di Calatafimi e di Milazzo per dare la caccia ai villani d'Ischia e per guardia d'onore di lui nel suo ingresso in Forio. Intanto dovette starsi pago che nessun contrassegno di grado mi distinguesse, onde a suo agio poteva chiamarmi e annunciarmi colonnello.

Ricevetti appena dianzi l'ordine di apprestare l'ambulanza e di seguirlo! Dove andò? Pare che Medici siasi impegnato in disuguale combattimento con Bosco presso Milazzo. Garibaldi accorse in aiuto. Partiremo insieme? Va bene; io me ne andrò dimattina. Ne seppi abbastanza; m'affrettai al padiglione.