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Aggiornato: 12 maggio 2025
Come sarete dentro, arete agio da trattar con Melitea: e portando con voi un cartoccino della medesima polvere, tingerete la faccia e le mani a Melitea e la vestirete delle vostre vesti; e voi lavandovi mezanamente le mani e la faccia, vi vestirete delle sue e vi chiuderete in camera. PIRINO. Che n'averrá per questo? FORCA. Verrá vostro padre per lo schiavo.
FORCA. Andate in casa, lavate la faccia a Melitea, fatele spogliar le vesti, e scampate per la porta di dietro; ch'io fra tanto vi condurrò il pazzo. PIRINO. Cosí farò: toc, toc. MELITEA. Che dimandate, padron mio caro? PIRINO. Il tesoro della bellezza, la monarchia delle grazie, la dolcissima mia padrona, accioché mi rallegri cosí il cuor con la sua presenza, come gli occhi con la sua bellezza.
FILIGENIO. Io non ne ho a comprar la bellezza di lui, il bel ragionare, il cantare e il ballare; ma vo' che sia ben creato, gagliardo e che sappia servire. MANGONE. Eccolo, vedetelo bene, consideratelo; non vi ho chiesto soverchio. FILIGENIO. Non è di cattiva apparenza. MELITEA travestita, MANGONE, FILIGENIO. MELITEA. Caro signore, che mi comandate?
PIRINO. Io son tanto atterrito dalle fortune passate e dalla disperazione delle presenti, che non oso sperar nelle cose avvenire. La nostra rappresentazione ha mutato faccia: rappresentiamo una favola contraria a quella di prima! Mio padre, in sentir questo, cacciará subito Melitea di casa, e io non arò piú animo di comparirgli dinanzi. FORCA. Ed a me bisogna far voto a san Mazzeo per la schena.
Sappi, fratellino mio caro, che non vive uomo piú scontento di me sovra la terra; e se non lo credi, mirami in faccia, vera ambasciatrice dell'angoscie dell'anima. Non passava mai ora che la mia carissima Melitea non mi avesse mostrato segni di corrispondenza di amore e datami commoditá di ragionarle o di vederla almeno, conoscendo bene che viveva in lei e per lei.
MELITEA. Vi giuro non da povera schiava ridotta in sí misero stato dove mi trovo, ma da quella gentildonna che fui, che riporrei questo beneficio nel fondo del mio core, per pagarlo poi quando potessi con quanto vaglio; ché avendo a morir tra poco, morrei contenta. PIRINO. E se lo vedeste, che fareste? MELITEA. Che farei, dici?
MELITEA. Né la morte istessa che si può dir piú della morte? e se ben la morte per altra cagione mi parrebbe amara, per ciò mi sarebbe piú cara della vita. PIRINO. Se ve lo facessi vedere, che pagareste?
Servirò voi e il vostro figlio con grande amore; e se voi mi compraste con prezzo d'oro, a lui m'ho reso schiavo con prezzo di amore: e certo che riconosciuto che sará il mio amore, sarò degno di libertá. MANGONE. Il nome val ogni dinaro: sará certo nato nobile nel suo paese, perché ancora nelle miserie spira la sua nobiltá. FILIGENIO. Di che paese sei? MELITEA. Di Pirinaica.
FILIGENIO. Di che cittá? MELITEA. Amorina. FILIGENIO. Dove sono questi paesi? MELITEA. Nella Morea. FILIGENIO. Come stai? MELITEA. Come posso, poiché non posso star come vorrei. FILIGENIO. Come sopporti la servitú? MELITEA. Con animo assai libero e franco, per sentir manco travaglio; perché colui che serve con animo servile, patisce due servitú, e del corpo e dell'animo.
Ma ditemi, s'egli vi volesse rubare a Mangone, fuggireste con lui da sua casa? MELITEA. Da questa vita ancora. PIRINO. Andareste a casa sua con lui? MELITEA. Per acqua, per fuoco e per dove non è via, con lui; ché egli solo è la patria, la casa, lo sposo e mio signore. PIRINO. Or ora? MELITEA. Or ora. PIRINO. Senza temer alcuno accidente?
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