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tanto che ognun s'avvedeva del fatto. Il discorso è per tutto universale: che Marfisa non giunga è stupefatto ciascuno, e si sentiva: Oh male! oh male! Non era l'accidente però stratto quanto diceasi e fuor del naturale. Ma sufficiente, anzi opportuno assai, per terminar un canto io lo trovai.

Fa piú d'esso la sposa Bradamante: mi die' giú per lo capo del «forfante», gridando che il partito non è buono, e ch'è passato il tempo de' mariti, e ch'io pensassi a cantare in bel tuono il vespro e non a cercarvi partiti. Io per giustificarmi sol qui sono, perché i discorsi vengon travestiti; e non vorrei, se il falso vi si mostra, uscir, Marfisa, dalla grazia vostra.

Benedetto il caval che l'ha colpita con quelle peta all'uscir del portone, che fe' alle genti far quella risata e ritirar la dama svergognata. Marfisa, Ipalca e il postiglion che trotta, aveano fatta giá la prima posta. La dama al postiglion la testa ha rotta, che a chiederle la corsa le s'accosta.

Con Ipalca Marfisa in un cantone, coperta d'un zendale, è alla vedetta, ed a' votanti mette soggezione col ventaglio e facendo la civetta. Talor con leggiadrissima invenzione apre il zendal, poi lo richiude in fretta. Ad alcun paladin si mostra altera, ad alcun sorridente e lusinghiera. Entrati nella sala Carlo Mano, prelati, paladini e cavalieri, chiuse furon le porte a mano a mano.

59 Grida la voce orribile: Non sia lite tra voi: gli è ingiusto ed inumano ch'alla sorella il fratel morte dia, o la sorella uccida il suo germano. Tu, mio Ruggiero, e tu, Marfisa mia, credete al mio parlar che non è vano: in un medesimo utero d'un seme foste concetti, e usciste al mondo insieme.

La Marfisa, forse con ragione, sará considerata quel parto, ed io averò avuta la sfacciataggine di dedicarla a Vostra Eccellenza. Non posso tuttavia ridurre interamente il mio cuore a disprezzar questo poema quanto, uniformandomi ad altri, sarei capace esternamente di avvilirlo con le parole.

So dir che tutte avean molle la benda di sudor, spezialmente quelle grasse. Alfin riscossa convien che s'arrenda Marfisa, c'ha le membra troppo lasse. Le monacelle stanche, stizzosette, intuonaron di molte predichette. Vanno rimproverandole la vita, gli amori e il mal costume, che seguia; dicendo che dal secolo tradita era, perocché il secolo tradia.

Ché dopo un breve tuono e un parapiglia v'andaste in fummo o dileguaste in guazzi; e fu la vostra quella maraviglia delle cittá di neve de' ragazzi. Cosí va chi aver fama si consiglia dal rumorio di stolti popolazzi, ch'oggi al poeta fan plauso e decoro con la ragion che poi lo fanno al toro. Segua che vuole a questo mio libretto, di Marfisa bizzarra io cantar voglio.

Disse Marfisa: Altro non vo' sapere; e basta mio fratello e mia cognata abbian di questo nodo dispiacere, fa ragion che la scritta sia firmata. Fosse lo sposo un magnano, un barbiere, dico per via di dire, io son parata; se fosse il diavol, non avrò paura: vo' che facciamo tosto la scrittura.

120 Quivi s'indugiar tanto, che Marfisa fe' por la legge sua ne la colonna, contraria a quella che gi