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Il Luciani li seguitava come il mandriano caccia dinanzi a se il bestiame, che spinge al macello. Dopo la notte dello arresto Giacomo e Bernardino Cènci non si erano più veduti fra loro, e la Lucrezia Petroni nemmeno. All'improvviso sentirono aprire l'uscio del carcere, e si trovarono, senza sapere che come, l'uno frombolato nelle braccia dell'altro.

Dalle sette e mezzo della mattina fino alle dieci la carneficina delle vacche, al macello di Poggioreale, si compie tra uno strano affollamento di bevitrici di sangue, dura tra i desideri sanguinosi delle anemiche, delle clorotiche, delle povere fanciulle sbiancate in faccia come la cera.

I secchi dei lattivendoli giravano scoperti nelle vie, o solo coperti da uno strato di mosche. In ogni via aprivasi un macello; i suini ed i vitelli, trascinati brutalmente sui carri, intronavano dei loro gemiti le vie. I monsignori del Duomo si distinguevano per la rotondit

«Lego L. 50.000 al mio cugino Venanzio Bordini. «Lego L. 50.000 a mio zio Bortolo Negri, negoziante di carni di macello. «Lego L. 50.000 a mio cugino Ippolito Portatore usciere. «Lascio i quadri e tutto quanto si trover

Chi lo traesse e come, io non saprei ben dirti, ma e' fu tratto alla bisca: giuocò danari, ma pochi; lo vinse il fastidio, ed andò via. Il pesce aveva bucato la rete. Il Presidente immaginò nuova insidia: tanto vi si adoperò, che lo condussero come bove al macello; ma come avevano preveduto lo prese la saziet

Quanto me ne sa male! Un avventore di meno al mio macello. Il peggio è però di quella buona signora Margherita. Un occhio di sole. Un angelo in carne. Ad un pitocco non diceva mai, Andate in pace; , Tornate domani. Colla penuria che corre, in porta Ticinese nessuno ha patito la fame. Alla mia nonna inferma ogni ne mandava un fiaschetto».

Quelle truppe scesero verso il Po a fare un lento macello d'amici e di nemici, a devastare Mantova, che ancora se ne piange; a raccogliere le maledizioni dei popoli travagliati da quelle non so se chiamarle guerre o ladronaje, in tanto peggiori, in quanto che neppure offrivano una speranza alla imaginazione. Ma un altro tristissimo dono lasciarono al paese, una terribile peste.

Si c'è un omo de talento, Quanno ch'è vivo, invece de tenello Su l'artare, lo porteno ar macello, Dopo more, e je fanno er monumento. Ma quanno è vivo nu' lo fate piagne', E nun je fate inacidije er core, E lassate li sassi a le montagne. Tanto la cosa è chiara e manifesta: Che er monumento serve pe' chi more? Ma er monumento serve pe' chi resta.

Io non vi dirò quale accoglienza preparasse loro Roberto di fronte, e come il vescovo e gli altri condottieri li carezzassero alle spalle. Fu fatto dei Longobardi macello da destar piet

Ora figuriamoci che in Venezia il dazio della carne fosse del 1600 a due soldi per libbra. Dunque ogni cento libbre di carne a macello rendevano al principe un zecchino, e del 1665 ci volevano 160 libbre di carne per cavarne un zecchino di dazio.