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Aggiornato: 16 giugno 2025
Me lo promettete seriamente?... mi chiese. Ve lo prometto sulla mia parola d'onore. Accetto la promessa in nome di vostra madre, ella mi rispose, della quale m'avete impartita l'autorit
E se voi sète gentiluomo e non m'avete detto mentita, mi ubidirete; e se non m'ubidirete, è segno che mi vi sète dato per beffarmi e per mancarmi di parola; e io non vo' per signor della mia vita persona che manchi al debito di gentiluomo.
V'ho offesa non volendo, anzi voi stessa m'avete dato cagione che vi offendesse. In tanta allegrezza è di ragion che mi perdoniate. CINTIA. Dulone mio, io non sol ti perdono, ma ti ho caro piú di prima per duo cagioni: l'una perché sei fidele al tuo padrone, l'altra perché la fortuna s'ha voluto servir di te per istrumento della mia felicitá.
Verde seta, quanto mal fosti intrecciata con essi: mi promettesti speranza ma è giá morta ogni speranza per me. Voi m'avete ingannato; ma chi non areste ingannato se ci foste avolti da quella con tante belle maniere e tanti baci? Io calpesto cosí voi come ella ha sprezzata e calpestata la mia fede.
Ma bene il farete, sí. FABRIZIO. Eh madonna! Voi non mi conoscete. Andate, ché voi m'avete còlto in iscambio. PASQUELLA. Oh! Non l'aver per male, Fabio mio, ch'io 'l dico per farti bene. FABRIZIO. Io non ho per male niente; ma io non ho questo nome e non so' chi voi credete. PASQUELLA. Or fate pur fra voi due a vostro modo. Ma sai, figliuolo?
PARDO. Ve l'ho dimandato, perché so che avete gran tempo seguita Sulpizia, la nostra vicina; e non vorrei, dopo aver sposata la mia figliuola, tornaste a lei, che mal agevolmente si scordano i primi amori. EROTICO. Se ben molte volte m'avete visto passar per costá, l'ho fatto piú per passatempo che per amor che portassi a Sulpizia; e vi giuro che mai mi piacque.
PANURGO. Non dice nulla. GERASTO. Parla. Che dicevi di medico? TOFANO. Dico che.... GERASTO. Che cosa «dico che»? TOFANO. Voi mi toccate il gomito; che volete da me? PANURGO. Chi ti tocca, asinaccio? TOFANO. Adesso mi tocchi il piede. Omai m'avete storpiato. PANURGO. Non si vuol partir questa bestiaccia! TOFANO. Dove volete che vada? PANURGO. Va' in buona ora!
E lui, a un tratto, sentì salirsi un'ondata di sangue al viso, e perduta la bussola, gridò con voce strozzata, e scotendo le mani in aria: Messere e scellerato!... anima del diavolo!... dove m'avete conosciuto!... dove m'avete visto!... E accortosi della bestialit
AMASIO. Che questa notte alle due ore vengate a casa a portarmi le vostre vesti; ed io le manderò a tôrre, acciò li dia ad una sua amica, ché vogliam far maschere tra noi. CINTIA. Farò quanto dalla mia padrona mi sará imposto. CINTIA. Se volete questa che ho adosso, questa será certissimo. AMASIO. Quelle istesse che altre volte m'avete prestato, ché siam simili di persone.
Doppo l'effetto mi disse piangendo: Vi raccomando l'onor mio! O che mirabile effetto è quello che fan le lacrime delle donne ne' cuori degli amanti. Gli risposi: E come posso io compensar tanta liberalitá con tanto onore, con che voi stessa concessa m'avete e la persona e l'onor vostro, se non con l'atto del matrimonio?
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