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Aggiornato: 31 maggio 2025
Così dicendo, il Morone si licenziò, ripercorse l'atrio, e ridiscese col servo, intanto che l'Elia Corvino aperto l'usciale entrò nella camera indicatagli. Entrato che fu, un altro servo gli si fece incontro dicendo: So chi siete, abbiate la bont
Fin dalla prima volta in cui l'Elia erasi recato a Perugia, ella dalle parole di lui, che in faccia del Baglione medesimo seppe parlare senza far nascere pur ombra di sospetto, aveva potuto raccogliere alcune notizie risguardanti il Palavicino: troppo scarse notizie, ma tuttavia valide abbastanza per sommovere più che mai l'anima di lei, da tanti anni assiduamente avvolta in una tetra mestizia. Per quanto la virtù nella Ginevra costituisse, a dir così, come una seconda natura, per quanto ella si sforzasse con una fatica insistente della volont
E così, come va, messere? chiese finalmente al Corvino, tanto per dare un avviamento al discorso. Potrebbe andar meglio, e potrebbe andar peggio, rispose l'Elia, stiamo così fra zenit e nadir. E in quanto a faccende, come si mette la fortuna?
Esso cominciò a fissare l'Elia Corvino con quello stringere degli angoli delle occhiaie, proprio a tutti coloro che sono affetti da miopia; gli occhi che ogni tanto quasi scomparivano per quel lezio, erano eccessivamente piccoli in proporzione della faccia larga, grassa e paffuta. Tutto il corpo era notabilmente adiposo, e le mani grasse e pienotte anch'esse.
L'alba dell'indomani però chiariva che l'ultimo austriaco era scomparso da Camerlata e che ormai tutta la colonna dell'Urban s'era riconcentrata tra Barlesina e Monza sulla via di Milano. L'Elia, che dopo il 1849 aveva dovuto emigrare, si trovava a New York quando i giornali diedero la notizia che Vittorio Emanuele aveva sguainata la spada per l'indipendenza italiana.
Erano molti anni che l'Elia Corvino non respirava un'atmosfera pari a quella, e come si trovò avvolto fra tante cappe e robe e rasi e croci e gemme, pensando a quel ch'esso era veramente, e a quello per cui la natura lo aveva espressamente formato, si rodeva in sè stesso, e tanto più si rodeva in quanto pensava che, colla ricchezza fisica, se n'era ita anche la ricchezza morale; fu però una molestia che durò assai poco, perchè aveva tutt'altro a pensare.
Ora, alzando la testa, l'Elia Corvino aveva veduto entrar l'uomo del cancellier Morone, e benissimo lo aveva conosciuto, di modo che, appena costui, salutandolo, gli fece intendere avergli a dir due parole, tosto congetturando fosse mandato espressamente dal Morone medesimo, ed essendo contento di ciò, depose la penna, s'alzò, disse a quei suor clienti; torno subito, e s'avvicinò all'uom del Morone.
Qualche ora dopo, staccatosi della Ginevra, promettendogli sarebbe stato di ritorno fra un giorno o due, si partì in compagnia del Corvino, e solcando il lago per ogni verso, accostandosi ai paesi principali, facendo studio di tutte le posizioni e non perdendo nulla di vista, veleggiarono verso Como. A notte tardissima l'Elia entrò in citt
Nella camera non v'era nessuno ancora, ma s'udiva il bisbiglio di alcune voci nella vicina, dalla quale un momento dopo, spalancatosi l'uscio da due servitori, un uomo passò in quella ove stava l'Elia Corvino, e i servi si ritirarono. Il nuovo personaggio non dava indizio di essere nè un camarlingo, nè un maggiordomo, nè un segretario, ma non dava neppure nessun dato per formare una congettura.
Da principio ciò m'era parso un grave contrattempo, ma ora che ho abbandonato ogni pensiero del Baglione, di ciò che mi sembrò danno, saprò trarre tanto vantaggio, che tu farai le maraviglie a suo tempo. Della Ginevra adunque non ne dir nulla. Io tacerò, potete vivere tranquillo, e l'Elia si licenziò.
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