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14 Non ha minor cagion di rallegrarsi del padre il figlio; ch'oltre che si spera di racquistar Belgrado, e soggiugarsi ogni contrada che de' Bulgari era; disegna anco il guerriero amico farsi con benefici, e seco averlo in schiera. Rinaldo Orlando a Carlo Magno ha da invidiar, se gli è costui compagno.

Placido in grembo della famiglia, padre di cari bamboli.... Padre! oh! essere padre! questa consolazione l'ho libata, ma solo quanto bastasse per sentire più grave la maledizione del non poterla provare mai più. Fosse ella vissuta; che importerebbe a me questa superba di Margherita? che invidiar alle gioje del Pusterla? E di tutte queste privazioni, chi fu la causa? se non il Pusterla istesso?

Stanza ospitale il vïator non chiese A signor ben pasciuto, e non sofferse D'aver mensa comune ad orgoglioso Trafficator. Fra poveri pastori Breve asilo ei cercò; si assise al desco De la miseria; e a te, povera Sara, Assentì l'alto aspetto e la sdegnosa Anima e il dir che umani petti infiamma. Schiava infelice! Era remota e angusta Presso al torbido rio la sua capanna; Era nero il suo volto e nero il crine, Ma aperto e grande era il suo core, e tersa Come raggio di Sol l'anima avea. Fra le miserie di sua vita un giorno Le sorrise l'amor. Furon men leste L'opere di sua mano; impazïente, Immemore divenne; e, com'era Schiava due volte, osò levar la fronte E agli augelli invidiar libero il volo! Fischiò sopra a le sue carni la sferza De l'acerbo signor; percosso e vinto Dal feroce digiuno a lei da lato, Sotto agli occhi di lei, vittima cadde Il giovinetto del suo cor. Qual belva Ella ruggì; morse ruggendo i ceppi; Avventossi d'intorno; e allor che in mesta Calma si assise, e volse il guardo in giro, S'avvide ognun, che a quella derelitta Era insieme a l'amor mancato il senno. Le consentîr la libert

Ella così contrasta; e non per tanto Ne la nobile impresa Irene è forte, E soggiungea: non invidiar mio vanto; Io son fermata di condurmi a morte, Or tu disgombra il duol, disgombra il pianto, E l'incauto pensier volgi a tua sorte, Acerbissima , ch'ella ti mena; S'io nol divieto, a miserabil pena.

12 Oh quante volte da invidiar le diero e gli orsi e i ghiri e i sonnacchiosi tassi! che quel tempo voluto avrebbe intero tutto dormir, che mai non si destassi; potere altro udir, fin che Ruggiero dal pigro sonno lei non richiamassi. Ma non pur questo non può far, ma ancora non può dormir di tutta notte un'ora.

BALIA. Deh! non invidiar al mondo cosí bei figli che nascerebbon da te e da lei, ch'essendo tu cosí bello ed ella non men graziosa che tu sia, da una coppia di giovani cosí fioriti nascerebbono figli da farne piú bello il mondo. CINTIA. Se il mondo non aspettasse altri figli che da noi, tosto verrebbe meno. BALIA. Parli da femina. CINTIA. Cosí non fusse, ché non sarei in tanti guai!

Però di' meglio, ch'io puotendo tiri tanti miei figli tosto d'esta tomba, ché un cor non piú s'incende al son di tromba, d'un'alma santa a gli ultimi sospiri, farle può Natura piú grand'onta che 'n questa vita sua menarla in lungo, la qual invidiar un fior, un fungo, che nasce e mor fra un sol ch'ascende e smonta.