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Aggiornato: 14 maggio 2025
Trema, boccheggia il vecchio irto; l'infermo Corpo giù giù tra le diffuse coltri, Scivolando, rannicchia; e freddo, cheto, Senza respir, con muto occhio furtivo Segue dei suoi tremendi ospiti i moti. Uno spettro parlò: Possa la voce, Che un'altra volta acquisto, Strazïarti così, vecchio feroce, Trafficator del Cristo,
Stanza ospitale il vïator non chiese A signor ben pasciuto, e non sofferse D'aver mensa comune ad orgoglioso Trafficator. Fra poveri pastori Breve asilo ei cercò; si assise al desco De la miseria; e a te, povera Sara, Assentì l'alto aspetto e la sdegnosa Anima e il dir che umani petti infiamma. Schiava infelice! Era remota e angusta Presso al torbido rio la sua capanna; Era nero il suo volto e nero il crine, Ma aperto e grande era il suo core, e tersa Come raggio di Sol l'anima avea. Fra le miserie di sua vita un giorno Le sorrise l'amor. Furon men leste L'opere di sua mano; impazïente, Immemore divenne; e, sì com'era Schiava due volte, osò levar la fronte E agli augelli invidiar libero il volo! Fischiò sopra a le sue carni la sferza De l'acerbo signor; percosso e vinto Dal feroce digiuno a lei da lato, Sotto agli occhi di lei, vittima cadde Il giovinetto del suo cor. Qual belva Ella ruggì; morse ruggendo i ceppi; Avventossi d'intorno; e allor che in mesta Calma si assise, e volse il guardo in giro, S'avvide ognun, che a quella derelitta Era insieme a l'amor mancato il senno. Le consentîr la libert
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