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Aggiornato: 26 maggio 2025
MORFEO. L'ho inteso nominar cosí cosí; ma fu sempre mia capitalissima inimica. PANURGO. La cagione? MORFEO. Non ho mai doglia di testa se non quando son forzato dirne alcuna. E chi volesse a mezzo gennaio farmi sudar di sudor delta morte, sforzimi a dire alcuna veritá. Né pensar che cosí sia io: cosí fu mio avo, bisavo, trisavo, ventavo e settantavo. PANURGO. Orsú, ho trovato il bisogno.
In lui tutta la publica fede, in lui ogni speranza, in lui sommariamente le divine cose e l'umane parevano esser fermate. Ma la Fortuna, volgitrice de' nostri consigli e inimica d'ogni umano stato, comeché per alquanti anni nel colmo della sua rota gloriosamente reggendo il tenesse, assai diverso fine al principio recò a lui, in lei fidantesi di soperchio.
«Sapientia carnis inimica est Deo». PAUL. Io, che sculpito in cuor le note aveami d'un sí bel viso, d'un parlar sí altiloquo, a poco a poco gli occhi aprir vedeami al sòno di colui tanto veriloquo. Pur tal era l'error ch'anco teneami, che a pena svelto fui; perché 'l dottiloquo gioven mi sciolse, onde ciò che anti nubilo mi parve intendo, ed intendendo giubilo.
Adunque se gli odii, l'ire e le inimicizie cessano per la morte di qualunque è che muoia, come si crede, comincia a tornare in te medesima e nel tuo diritto conoscimento; comincia a vergognarti d'avere fatto contra la tua antica umanitá; comincia a volere apparir madre e non piú inimica; concedi le debite lagrime al tuo figliuolo; concedigli la materna pietá; e colui, il quale tu rifiutasti, anzi cacciasti vivo sí come sospetto, disidera almeno di riaverlo morto; rendi la tua cittadinanza, il tuo seno, la tua grazia alla sua memoria.
E in sì gravi sciagure, onde cotanta L'ignoranza e l'obblio dell'Evangelo, Anche la schiera che dovrìa più santa Sfavillar, perchè interprete del Cielo, Campioni egregi aveva, sì, ma oh quanta Feccia sol mossa a farisaico zelo, Inimica di Roma, e sovvertente Co' rei costumi ipocriti la gente!
Ma la fortuna, volgitrice de' nostri consigli e inimica d'ogni umano stato, assai diverso fine pose al principio. Al qual voler dimostrare, un pochetto s'amplierá la novella. Era ne' tempi del glorioso stato del nostro poeta la fiorentina cittadinanza in due parti perversissimamente divisa, alle quali parti riducere ad unitá Dante invano si faticò molte volte.
Ruggiero, ohimè! chi arìa creduto ch'avendoti amato io più di me stessa, tu più di me, non ch'altri, ma potuto abbi amar gente tua inimica espressa? A chi opprimer dovresti, doni aiuto: chi tu dovresti aitare, è da te oppressa. Non so se biasmo o laude esser ti credi, ch'al premiar e al punir sì poco vedi.
114 Quivi era la Discordia impaziente, inimica di pace e d'ogni triegua; e la Superbia v'è, che non consente né vuol patir che tale accordo segua. Ma più di lor può Amor quivi presente, di cui l'alto valor nessuno adegua; e fe' ch'indietro, a colpi di saette, e la Discordia e la Superbia stette. 115 Fu conclusa la triegua fra costoro sì come piacque a chi di lor potea.
Ah, capisco, disse Lorenzo; c'è qualche donna di mezzo. Sicuro, una donna. Oh le donne, le donne! Gens inimica mihi tyrrhenum navigat aequor! gridò il Pietrasanta, con più enfasi di Giunone nel suo abboccamento con Eolo. Ma scusatemi, Salvani; per raccontarvi i miei mali, dimentico che siete probabilmente venuto per parlarmi d'altro.
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