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Aggiornato: 29 maggio 2025


Egli l'aveva dinanzi agli occhi, distesa al suolo, immota, gelata, col mostruoso fiore sanguigno sulla pallida tempia; e un'ansia mortale lo soffocava, perchè egli voleva credere che la morte non l'avesse tutta distrutta, che la miracolosa anima vivesse ancora, vegliasse su lui, gli ripetesse le parole della fede e del perdono; ma non poteva; o se pure la voce soave che ancora gli echeggiava attorno lo persuadeva, l'oltre umana vita di quell'anima non bastava più a consolare la sua esistenza; i suoi occhi mortali avevano bisogno di vedere, le sue orecchie di udire, egli aveva bisogno di stringere la mano di lei, di toccare il lembo della sua veste; e questo suo bisogno sarebbe rimasto inappagato, per sempre.

Sorella!... Sorella!... Tale era stata per lui. L'amor di sorella, il nome di sorella, erano le sole cose soavi al suo cuore. Tutti gli altri suoi amori erano stati perfidi e velenosi, non avevano lasciato neppure un solo ricordo buono; sdegno e nient'altro avanzava, di tanti amori: sdegno contro le perfide, sdegno contro stesso. Un tempo egli si era gloriato di queste sue passioni, se n'era insuperbito come di altrettante fortune. Ma, concepite nel male, esse portavano dentro il germe della distruzione; se null'altro n'era avanzato fuorchè putredine, se egli n'era rimasto ammorbato, ciò era il suo meritato castigo. Non volendo più commettere l'errore, sentendo risorgere il bisogno lungamente inappagato e represso d'un'intima comunione, non potendo più vivere solo, egli ritrovava in lei la sorella. Andarle incontro, dirle con viva voce la gioia che ella gli dava, era stato il suo primo impulso; ma non l'aveva obbedito. L'esagitazione dell'anima era ancora tanto violenta, e alla solitudine sua veniva tanta consolazione dall'assiduo pensiero di lei, che egli volle e potè aspettare. Geloso di stesso, quasi pauroso di menomare il proprio sentimento indagandolo, era vissuto in una beatitudine secreta della quale obliava quasi l'origine. Come al destarsi di lieti sogni, come quando latenti e ignote energie eccitano e moltiplicano i sensi della vita, egli trovava in tutte le cose una nuova virtù. Un giorno finalmente le scrisse. Alla sensitiva creatura, al proprio sentimento secreto, la troppo vivace espressione vocale non conveniva. E scrivendole egli contenne l'impeto delle passioni: tacque la speranza, moderò la gioia, disse soltanto pienamente la gratitudine. Ella rispose. Gli parlò della sorella morta. Quali altri ricordi avrebbero potuto mai cancellare dalla memoria di lui le parole fraterne? «Io certamente conobbi ed amai vostra sorella. Quando mi parlaste di lei, quando mi diceste le preziose e care doti della sua persona e del suo cuore, sentii che ella fu il desiderio della mia gioventù, la sorella che mai non potei consolarmi di non trovare al mio fianco nelle ore della gioia e della tristezza. Quando mi narraste lo strazio della sua morte mi parve come se tanta bellezza e tanta bont

Bice credette di sentire nelle parole di De Nittis una sottile punta d'ironia. Dubitava egli della sua passione per Lamberto o, credendovi, la pungeva di amare con passione riposata? Certo la sua anima non aveva ancora provato alcuna di quelle commozioni, che sembrano mutare la nostra composizione spirituale; anzi le musiche di Giorgi la lasciavano spesso estenuata per lunghe ore, collo spirito natante in una pienezza di beatitudine, che nessuna lettera di Lamberto aveva ancora potuto darle. Di che dunque parlava quella musica? A chi parlava? V'era qualcuno, cui rivolgersi così, e che potesse rispondere? Questo slancio verso Dio era forse l'ultimo sforzo dell'amore umano inappagato o tradito? Amleto sulla fossa di Ofelia aveva lanciato a Laerte una sfida trionfante persino della morte; la Sulamitide, errando per la notte in cerca del proprio bello, aveva destato colle grida tutta l'immensa citt

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