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Aggiornato: 9 giugno 2025
Essa pure adocchiava il suo idolo camminando, ma il suo occhio d'improvviso s'adombrava, i suoi piedi più non sentivano il suolo calpestato e barcollando, quasi precipitava boccone sul davanti della via senza la robusta destra del Romagnolo che la sorreggeva. Ida era confusa, ma felice! e di quella felicit
Ida guardò istupidita il sacerdote del vero, che ben noto a lei era e venerato, come da qualunque dei militi della causa santa. «Chi tu cerchi, Ida, è lontano, e dorme a canto ai valorosi che primi scossero questi nostri boriosi nemici, e li fugarono. Meglio è morire che viver schiavo figlia mia!»¹
Un giorno alla richiesta d'Ida, uno dei serventi maschi dell'ospedale le recò una minestrina, ch'era stata concessa al Cantoni, dopo molti giorni di dieta e brodo; Ida ricevè il piatto dalla mano del servente, ed in quell'atto, un movimento convulso della mano maschile fece spargere sul pavimento alquanto del liquido contenuto nel recipiente.
Le sue apprensioni, le sue superstiziose paure cominciavano a diminuire. Ma le apparizioni egli non le temeva: Ida gli era apparsa e gli aveva sorriso. L'inquietudine, il presentimento ch'egli provava così fortemente, da che derivavano dunque? Un giorno egli usciva dalla biblioteca e vide aperto un uscio che ordinariamente stava chiuso.
Metteva a un lungo corridoio, conducente nel fondo dall'ala sinistra della casa. In fondo a quel corridoio trovavasi la sala verde, quella che conosciamo, la sala del pianoforte, il luogo favorito della povera Ida. Gli balenò al pensiero che, dopo il suo ritorno, non vi era mai stato. Dipendeva probabilmente da abitudine, poichè anche prima non usava andarvi.
Ma per segreto che fosse il trasporto, fatto con ogni precauzione, la bella fisonomia di Ida non era sfuggita all'occhio penetrante del giovine ufficiale. Amicizia del Ciel, prezioso dono, Io cederei per un amico un trono. Chi fosse il giovine ufficiale, che noi trovammo di guardia all'arrivo d'Ida a San Leo, lo diremo in due parole.
L’antenna maggiore, più diritta e più inflessibile che un pino del monte Ida, cerchiata di argento, coronata d’un gran gallo fiammeggiante come un faro, portava una gran vela quadrata e due vele triangolari.
Mi ero giurato di tacere, ma le forze umane hanno dei limiti. Vi amo, Ida. In quest'ultima ora, in quest'ora tristissima d'addio, non so come osi dirlo, ma lo dico. Vi amo, vi adoro, non vivo che per voi. So quanto ne separa. Voi non avreste mai potuto amarmi. Avete fatto bene ad accettare la mano del marchese.
E pure confesso lì per lì fui preso da quel minuto d'irresolutezza che può far passare anche un provetto per un ingenuo. Ha un cerino, per caso? disse la ragazza in camicia, che aveva passata e ripassata la punta della lingua sulla Satin della sigaretta S'accomodi, intanto: si metta a sedere. Sa, ce ne sono delle altre. Si voltò a dietro e chiamò: Chiarina! Armida! Ida! La romana!
Intorno a qualche cosa che vi concerne molto.... molto intimamente. Dite, dite, rispose Ida, impallidendo suo malgrado. È vero che.... Il povero giovane si sentiva soffocare. Che il marchese di Sentis ha chiesto la mia mano? interruppe Ida vivamente. Sì, è vero. Disse queste parole rapidamente con accento franco e sicuro.... pure era turbata. Si alzò e chiuse il cembalo.
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