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Giana si avvicina alla cognata, le tocca una spalla, poi la prende ai polsi per scoprirle la faccia. Giana. Piangi? Nell’ombra, le palpa con le dita la gota per sentire se le lacrime vi scorrano. Mortella.

Ella s’interrompe, socchiudendo le palpebre, in uno smarrimento puerile. Mortella. E allora? La Rondine. Allora... Rapida, a fior di labbra. mi bacio le braccia. Mortella. Oh piccola! Ma ci deve pur essere un’altra specie d’amore. Giana Guinigi entra. Giana. Ah, ah, le donzelle ragionano d’amore. Le compagne ridono, come in vena di celia. La Rondine. È Mortella che mi fa l’esame e distingue.

La Rondine. Giana... Mortella. È nata di notte. È buia, chiusa. Non ci si scorge nulla, non ci si scopre nulla di chiaro, nulla di sicuro. Non si sa. Certe volte, quando arriva, sembra che abbia lasciato a mezzo un’opera d’incanti o la trama d’una congiura o un gioco pericolosissimo o una ricerca d’alchimia. Ti piace Giana? La Rondine. Io non me l’imagino che in bautta.

So che le è andato incontro alle Tre Torri e l’ha condotta qui egli stesso. Mortella. Sola? Giana. Non credo. Mortella. Con quell’uomo? Giana. Non l’ho veduta ancóra, ho veduto lui. Bandino è salito a cercarmi, ed era in una tale angoscia che m’ha fatto piet

Con che? con la menzogna a due facce, che sembra essere e non è? Giana. Le domo, ti dico. Mortella. Con che? con l’ipocrisia accorta che fa le sue miscele di bene e di male, di falsit

Mortella resta in piedi, senza fare un passo, contenendo la commozione che si rivela in un tremito visibile. Giana. È sofferente, signora? La prego, si segga. Costanza. Grazie. Domando perdono. Non è che una visita molto breve. Giana. Mi rincrescerebbe. La sua cortesia è misurata e guardinga.

V’è un giudice più alto di me, che non son nulla ma non mai serva dovunque e comunque tu sii padrona. V’è un giudice più santo di me; e hai osato invocarlo per coprire una cosa inconfessabile. Giana. Hai il colore della morte. Muori del tuo veleno. Mortella. , sono tutta di gelo. Ma so che non si può morire d’orrore, giacché sono in piedi.

È come il lamento fioco di chi agonizza, di chi si sente abbandonare dalla forza e da ogni soccorso umano. Giana.

Cosa molto più difficile, e forse più inebriante. È un insegnamento di martire. Giana. O di maga? Gherardo Ismera. L’una non è nell’altra, per una comune volont

Tu sei una donna. Giana. Tu hai preso il velo. Mortella. Il passato è il mio chiostro. Giana. Quando ero come te, ero una specie di creatura insensata che si sbigottiva e tremava dei suoi propri sogni credendo che dell’infezione d’un solo si potesse infermare e perire. Mortella. Il mio è in quello specchio che t’ho detto. Giana. E dov’è lo specchio? Mortella.