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Aggiornato: 3 giugno 2025


E la bella Giovanna, a cui lo specchio non aveva taciuto il pregio singolare delle sue grandi pupille, amava il verde sopra ogni altro colore; smeraldi erano le sue gemme predilette; verde zendado la cintura; il verde era maritato mai sempre al bianco delle sue vesti; e il verde dava risalto alla morbida bianchezza delle sue carni.

Portava le dita cariche di gemme, d'ogni colore, d'ogni forma, sino al medio. Un carico di anelli, un carico odioso per cui nessuno poteva stringerle la mano: temevano farle male. Anzi si ripeteva dappertutto che li portava appunto per non lasciarsi stringere la mano. Pure di sera non calzava mai guanti, nella nudit

Le belle signore passavano e ripassavano, dando la mano, anzi la punta delle dita, ai loro affettati cavalieri, e camminando un po' di profilo per non guastare i loro paniers, tutte fulgenti di gemme, in cui i mille lumi dei candelabri si riflettevano mille volte, tutte superbamente vezzose ed abbellite dai loro trionfi.

Tutto ciò che poteva dare indizio di ricchezza, di splendore ed anche di gusto non fu pretermesso dai patrizj milanesi, che in quella notte per pompa di vesti, d'ori e di gemme toccarono il massimo del lusso proprio a quel secolo, il più splendido forse fra quanti ne sian stati e saranno.

E così dicendo cavò dalla cintura un oriolo tempestato di gemme, che mandavano dalle mille faccette certi raggi, i quali somigliavano ai lampi onde brillavano gli occhi di lei, per la collera cui s'era levata.

E presa dalle mani della marchesa quella magnifica farfalla tempestata di gemme, che i lettori conoscono, l'aperse e scrisse il nome del marchese di Montalto per una mazurca. Aloise s'inchinò per ringraziare la bella Ginevra. E adesso, marchesa, udite? Gli è tempo di venire con me.

A' cenni di costui le piante volve Medor, de la morte avea spavento; Ma tra gli scossi acciar sparso di polve Oggi più che giammai mostra ardimento: Entro giubba di seta il busto involve Sciamito azzurro, ove serpeggia argento Ogni parte trapunta in fino al lembo Di gemme colte a l'Eritreo nel grembo.

Il Papato ormai non ardisce più concupire i reami altrui, anco si attenta sbarrare un gherone del manto di San Pietro, solo ne cincischia brandelli per coprirne le spalle ai suoi figliuoli, e questi si tirano da parte a rosicchiarli come gatti il ventriglio. Sisto V al cardinale nipote assegnava centomila scudi di rendita, all'altro co' danari della Chiesa comprò il principato di Venafro, e la contea di Celano. Quello che ardisse Clemente VIII. non si ricorda; donò ai suoi un milione fra tutti; poi ad ognuno sessantamila scudi di entrata; mancatigli i beni della Chiesa, arraffò gli altrui, aiutatori giudici, auspice il boia. Paolo V. co' suoi Borghese procedeva anco più largo; il Cardinale Scipione ebbe 150 mila scudi di rendite ecclesiastiche, Marcantonio il principato di Sulmona, palazzi, ville, vasellami di argento, gemme, suppellettili che valsero un tesoro; di danaro un milione; e più strano ancora il privilegio di ribandire gli sbanditi, instituire fiere, imporre gabelle sopra altrui, non pagarne essi; andare immuni da confische, impunit

Notte eterna, profumata e illuminata di fortune alte e definitive nel placido letto della morte. Tutti i giacigli della terra sono inadatti all'amore. Gemono sotto l'amplesso dei corpi, come belve schiacciate e gementi. I giacigli di foglie dell'oasi scricchiolano come passi di ladri. I giacigli dei ricchi sono pieni di gemme impertinenti che spiano.

Va!... va! tu sei dannato!... Io.... ch'ebbi dal Pontefice L'indulto, in quel istesso Non mangiai che una folica.... Ed un branzino a lesso!... Quattro milioni valgono I vasti tuoi poderi, Quasi altrettanto valgono Le ville ed i manieri; Ingenti somme valgono I mobili, gli arredi, Le molte gemme, i fulgidi Cocchi che tu possiedi;

Parola Del Giorno

asserisca

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