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Aggiornato: 1 maggio 2025
La finestra si spalancò per un colpo furioso di vento: nella contrada, lontano, sbattevano, echeggiando le imposte: un lampo, un fragor lungo, uno scoppio, un tuono terribile, e subito la pioggia cadde a dirotto, scrosciante. Ecco il grande manifesto che tappezzava le vie di Milano. Cittadini!
abisso de i mari; fragor di veicoli urtanti gli asfalti di libere strade, respiro di folla, respiro di fronde, vaganti canzoni per campi di biade; stridore di seghe e di leve, di cinghie e catene, vicenda di remi su l’onda, di mine fra i monti, d’aratri spaccanti le vene al sen de la Madre feconda.
Il fragor delle onde spumanti, il sordo stormir delle foreste, s'accordavano collo stato dell'anima sua: sedeva sopra una rupe o sulle rovine della vecchia torre; osservava verso sera la sfumatura de' colori nelle nubi; vedea svolversi i tetri veli del crepuscolo. La candida cresta dell'onde, eternamente sospinte al lido, distinguevasi appena sull'oscura superficie dell'acque.
Ma è minacciosa la profonda e mesta Calma che rassomiglia ad una morte... Ed ecco, lungi, un soffio di tempesta Ed un fragor di ferree infrante porte! Sordo rumor e lampi ardenti e tuoni, Tenebra fitta e luce che ne abbaglia... E in mezzo alle fulgenti visioni La letale magia della battaglia! Di gente affaccendata è pieno il porto.
Tutto di raggi orribilmente adorno Fra' turbati guerrier sangue diffonde, E l'alto Dio da l'immortal soggiorno Pur tuona, e d'atri nembi il polo asconde. A l'immenso fragor mugghiano intorno Le valli, i campi, le montagne e l'onde. Turbasi l'aria, e ne rimbomba il cielo: In fra i Turchi ogni cor s'empie di gelo.
E dopo quella parola, insieme con la luce di un lampo e col fragor d’un tuono, comparve nella camera del Negromante il fido Aporèma, non sotto la forma del romèo, nè di Rambaldo di Verrùa, nè di frate Gualdo, sibbene sotto quella splendidissima, abbagliante, dell’arcangelo fulminato nei cieli. Nel quale è dimostrato che il diavolo non è così brutto come lo si dipinge.
D'un prete la Perpetua Ier l'altro ha partorito..., A compier tai miracoli Di Dio bastar può il dito? Su per giù, nasceranno In Italia cinquanta- Cinque spartiti ogni anno... Ne muoiono sessanta. Gellio: se non ti avessero Eletto a deputato, Col titol di onorevole Chi mai ti avria chiamato? Se muore un uom grande Per senno e valor, Nell'aria si espande Immenso fragor.
Ah qual rimbomba Per le sconvolte sfere Terribile fragor! Cento saette Mi striscian fra le chiome, e par che tutto Vada sossopra il ciel. No, non pavento, Empia Fortuna: invan minacci; in vano, Perfida, ingiusta Dea... Ma chi mi scuote? Con chi parlo? Ove son? Di Massinissa Questo è pur il soggiorno. E Publio? e il padre? E gli astri? e 'l cielo? Tutto sparì. Fu sogno Tutto ciò ch'io mirai?
Diffonde poscia minaccioso, orrendo Fragor, che turba l'ampia valle inferna, Che fa tremare il Tartaro tremendo, Che scuote i campi de la notte eterna; Prorompe al fin sulfureggiando, ardendo In vasti accenti la procella interna, E sgorga fuor l'irrefrenabil ira; Colmo d'orrore ogni demonio il mira.
Pendon lucidi carri, onde volanti Gli Angioli van su per gli eterei campi; Scudi fulgidi, brandi, elmi spiranti, Da l'oro eterno, inestinguibil vampi. Miratisi quivi i fulmini tonanti Sparsi di nembi, di fragor, di lampi: Armi, di che 'l gran Dio può solo armarsi, Splendenti, ardenti, orribili a mirarsi.
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