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Aggiornato: 23 maggio 2025


FILASTORGO. Anzi amorevole, ché l'amore sviscerato che portava a vostra figlia l'avea cieco del tutto. TEODOSIO. Non è amore dove si cerca tôr l'onore. FILASTORGO. Non fu questo il suo primo pensiero. TEODOSIO. Chi siete voi?

Teodosio dal capitan de' satelliti riputato fatuo, riconosciuta la sua giustizia, è stato liberato; e Lampridio, irretito dalle illecebre amorose, inopinatamente è collapso un'altra volta in mano della giustizia e in discrimine della vita senza un modiolo di speranza, se il divino suffragio per sua perenne grazia, per farlo evadere da questi travagli, non avesse condotto in questa cittá Filastorgo suo padre.

FILASTORGO. O Dio, che infideltá ho ritrovato in un figlio! negar se stesso, il padre, e finger di non conoscerlo.

A cui ricorrerò io per favore? chi mi aiuterá in questa terra ove non conosco nessuno? almeno avessi portato dinari assai che mi aiutassero in questo bisogno. PROTODIDASCALO. Ove è il rimedio l'egritudine si deve piú patienter sufferre. FILASTORGO. Che rimedio potrei ritrovarsi a questo?

Io non vo' inficiare che il temerario áuso non sia grave, se gli potrebbe coacervar pena che non ne meritasse il doppio; ma di questo s'incolpe l'arcigero che gli aveva sauciato il petto, dilaniato il core e fatto devio l'ufficio della mente. Il famoso Marone: «Omnia vincit Amor». FILASTORGO. Che ha dunque fatto?

LAMPRIDIO. Forestiere, m'avete tolto in cambio, perché chiamate Lampridio un che si chiama Eugenio. FILASTORGO. Il nome e i panni t'arai potuto cambiare, ma l'effigie è quella istessa che avevi in casa mia. LAMPRIDIO. Tu sei troppo fastidioso: vuoi a forza ch'io ti conoschi non conoscendoti. FILASTORGO. Non conosci tu Filastorgo? LAMPRIDIO. Non ho inteso nominar tal nome giamai.

Appena cominciò la prima che seguí la seconda, poi la terza; e mi getta sopra monti ardenti di mali, che appena mi tempo di piangere, non che rimediare alla mia disgrazia. All'ultimo, per non lasciarmi tantillo di speranza, fa venir Filastorgo mio padre, onde m'è stato forza finger di non conoscerlo, burlarlo e cacciarmelo dinanzi. Con che faccia gli potrò comparir piú dinanzi?

Ecco mio padre, il qual non men che io t'ama e riverisce. SENNIA. Giá lo conosco a tempo che tu fingevi nol conoscere. FILASTORGO. Signora mia, se non volevate che mio figlio avesse usata tanta impertinenza, non dovevate far figlia tanto bella di tanto onore e di tanto merito, ché bastarebbono queste cose a far divenir folle altro cervello che d'un giovine.

FILASTORGO. Io vo' che impari esser figlio da chi veramente sa esser padre, vo' che sia essempio a tutti i figli del mondo, vo' piú tosto esser detto severo destruttor di figliuoli che padre che abbi consentito alle sue sceleraggini.

LAMPRIDIO. Oh oh, chi sète voi? FILASTORGO. Non mi conosci? LAMPRIDIO. Non mi ricordo avervi giamai visto. FILASTORGO. Mirami bene in faccia. Che dici ora? LAMPRIDIO. tampoco mi ricordo. FILASTORGO. Hai fatto la vista cosí corta o forse l'aria di Napoli è cosí grossa che non ti fa veder bene? LAMPRIDIO. Non ti conosco mi curo conoscerti. FILASTORGO. Non sei tu Lampridio?

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