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Aggiornato: 1 giugno 2025


Ma noi non ci fermeremo qui, come il grand'esule fiorentino; risaliremo la fiumana bella fino al confluente del Graveglia, dov'essa fa una gran curva, per voltar poi risoluta a ponente maestro; e faremo alto ai Paggi, come ora si dice, e dove nell'anno di grazia 1506 durava ancora in ottimo stato un castello dei Fieschi.

Isabella Fieschi, che attendeva ansiosamente il marito, per dimostrargli la gioia che sentiva rivedendolo incolume, si gettò fra le braccia del suo Lucchino Visconti riconquistato, con attitudini degne d'un quadro storico.

Sciolto l'assembramento, e chetate alla meglio le ire cittadine, venne la volta di una severa inchiesta. L'inchiesta, si sa, è sempre severa. Il capitano Fiesco, eroe della giornata, non aveva nulla da nascondere; narrò tutto per filo e per segno. dal suo racconto dissentì troppo quello che narrava il Ghiglione, mostrando il suo braccio affettato. Il naso rotto del Polceverasco era andato a farsi ristagnare il sangue alla fontana di Soziglia, fu il caso di chiamarlo in giudizio. Degli altri feriti la prudenza del luogotenente aveva anticipatamente sottratti a quel sommario processo i guasti e le querele. La giornata era tutta a vantaggio dei Fieschi; e i Fieschi, amici del governo di Francia, non si potevano trattar troppo male; tanto più ch'erano stati provocati. Anche l'eccelso Gian Aloise, avvertito in fretta dell'accaduto, era sceso dalla sua ròcca di Vialata con un drappello di cavalieri, e portava a palazzo il peso della sua autorit

E mentre da quel lato il palazzo dei Fieschi dominava il prospetto della superba Genova, fronteggiando il colle di Sarzano e la mole dell'antico Castello, guardava da tramontana il vasto anfiteatro del monte Peraldo colla sua gran cinta di mura alte sui greppi; da mezzogiorno, poi, vedeva gran tratto di mare, solcato da centinaia di vele, che uscivano dal porto o venivano all'approdo, passando sotto i suoi occhi lungo la Marinella, detta altrimenti il seno di Giano; e da levante, se pur non iscorgeva il Bisagno, nascosto sotto le alte mura di Santa Chiara, godeva la scena incantevole del colle d'Albaro, colla imminente piramide del monte Fasce e collo sfondo azzurro del promontorio di Portofino, dietro a cui si stendeva la riviera di Levante, oramai diventata un gran feudo dei Fieschi.

Si ragionò di molte cose, a mensa, mutando gli argomenti come le portate. Così venne "in tavola" l'eccelso Gian Aloise, con tutte le sue vaste ambizioni, ch'erano poi la gloria e l'onore della illustre casata dei Fieschi; una delle prime signorili d'Italia, e gi

Per avventura, cugino Bartolomeo, diceva egli sottovoce al valoroso parente, mettendogli l'eccelsa mano sulla spalla, sono stato io, con certe parole un po' matte, che vi ho fatto saltar la mosca al naso? E non mi pento di averle dette, se mai. Per opera vostra sapranno i villani che a toccare i Fieschi ci si scottan le dita.

Non appariva dunque un intruso; non doveva riuscire importuno, se anche i due Fieschi avessero a parlare di cose per le quali era venuto alla Gioiosa Guardia egli stesso. Siete dunque voi, Filippino? gridò il capitano Fiesco, dischiudendogli quasi le braccia, ma fermandosi a mezz'aria per istendergli le mani. A quest'ora ci capitate? Di passaggio, m'immagino, e vorrete pernottare da noi?

Il consiglio era buono; e per seguirlo, messer Bartolomeo salì quel giorno l'ampia scaléa di Vialata. Trovò raccolti lassù tutti i Fieschi, come in un altro giorno solenne di tre mesi innanzi; ma più accigliati, più torbidi, più inveleniti che mai. Nondimeno, fecero il debito col parente, che ritornava di lontano; e Gian Aloise stette ad udire con molta attenzione le tristi nuove di Valladolid.

Per lei si era scomodata, e con ragione, tutta la casata dei Fieschi; ed anche gli altri rami minori dei conti di Lavagna, come gli Scorza, i Bianchi, i Della Torre, i Levaggi, i Leivi, gli Zerli, i Cogorno, i Cavaronchi, i Ravaschieri, i Penelli.

E faran bene, vedete? ripigliò senza scomporsi Bartolomeo Fiesco. I vecchi, infatti, che oggi si gloriano di tante cose destinate a perire, avranno ottenuto nella persona mia la loro parte di gloria vera, nell'opera stupenda, indimenticabile, eterna, d'un uomo nuovo, d'un marinaio, d'un lanaiuolo. Ecco la mia ambizione, Gian Aloise; la quiete, oramai, non avendo più nulla a fare di ciò che m'era più a grado, e il cuore avendo pur esso i suoi diritti; la quiete della mia bicocca, e la certezza d'una pagina non brutta nella storia del mondo. Soldato ero, e al bisogno potrei ritornare, se fossero in giuoco l'onore e la sicurezza dei Fieschi. Avessero anche il torto, non istarei a guardare, e dal posto mio non mancherei all'appello. Ma questo per difesa, e sentendo la voce del sangue. Ci sono obblighi sacri, come ci sono necessit

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