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Aggiornato: 24 giugno 2025
Questi andò ad aprire certi cassettini ripieni di carte, ci rovistò per entro, n'esaminò parecchie, e finì per rispondere: Sì signore. Va bene, disse Bancone: fatemi venire il cassiere.
E la nostra digressione sull'amicizia? Cicerone ne ha scritto un trattato, dove ne disse tutto il dicibile; lo avete letto? No. Neppur io. Lo leggeremo insieme, se vi piace. L'autunno venturo... dacchè partite... Ah! è vero! Fatemi intanto da Cicerone intorno ai vostri ruderi. Subito. Quando entrai nella vita... Vi hanno messo a balia...
Andarò a trovar Clemenzia che so che m'aspetta in casa; e con essa disporrò quel che abbi da essere della vita mia. CRIVELLO e FLAMMINIO. CRIVELLO. E, se non è cosí, fatemi impicar per la gola; non tanto tagliar la lingua. Vi dico che gli è cosí. FLAMMINIO. Da quanto in qua? CRIVELLO. Quando voi mi mandasti a cercar di lui. FLAMMINIO. Come andò?
Il viso, di Vittor Hugo, infatti, per me, è ancora un problema. È un viso che ha due fisonomie. Quando è serio, è serissimo, quasi cupo; pare un viso che non abbia mai riso, non solo, ma che non possa ridere; e i suoi occhi guardano la gente con un'espressione che mette inquietudine. Gli si direbbe: Hugo, fatemi la grazia di guardare da un'altra parte. Sono gli occhi d'un giudice glaciale o d'un duellante più forte di voi, che voglia affascinarvi collo sguardo. In quei momenti mettetegli, col pensiero, un turbante bianco sul capo: è un vecchio sceicco; mettetegli un casco: è un vecchio soldato; mettetegli una corona: è un vecchio re vendicativo e inesorabile. Ha non so che dell'austerit
Appena entrammo nella camera, prima ancora ch'egli avesse aperto bocca, il signor De Boni, a cui l'inserviente aveva fatto l'ambasciata, puntellandosi con uno sforzo supremo per alzarsi; volto ad Attilio, con voce soffocata ma abbastanza intelligibile ruggì: Fatemi giustizia: dicono che chi m'ha assassinato è il Beppe Rivella, ma, ricordatevi, che l'ha mandato il curato.
Piero, giovinetto molto ardito, d'un salto fu davanti all'inglese e si preparava a rispondere alla sfida, se non che la voce amorevole di Marco tuonò: Ma sì, fatemi delle scene adesso; diavolo, che non si sappia reggere ad uno scherzo? Giù, Franz, al tuo posto; io non voglio andar a dormire col peso di due partite in sulle spalle; qua il mazzo adunque e giuochiamo.
La donna in casa è un certum malum e una verecundia incerta. LIMOFORO. Di grazia, fatemi partecipe di tanta vostra allegrezza. PEDANTE. È venuto il padre d'Altilia mia: ce l'ho restituita e son evaso da un tanto discrimine. ANTIFILO. Dunque, Altilia non è vostra figlia? PEDANTE. D'amor sí bene, ma da me non ingenita. LIMOFORO. E come venne, ditemi di grazia, in poter vostro?
No, ma è lo stesso... E prima di stasera non c'è una corsa... E prima di domani alle 10.25 non posso essere a Torino... Fatemi la grazia, consultate gli orari... Se ci fosse modo di anticipare... per la via di Sarzana e Parma... che so io?... Ah perchè, perchè non mi avete lasciato partire? Zonnini ebbe un'impercettibile scrollatina di spalle.
T. Fatemi fauor che possi io dir il restante poiche m'hauete aperta la strada. C. Sig. dica V.S. poiche le basta l'animo
Il giudice guardò in aria furbesca il cameriere che gli parlava, mise la mano destra in una saccoccetta del suo panciotto nero, la cavò fuori carica di un bel mezzo scudo d'argento, e con quella strinse la mano del cameriere, dicendogli a mezza voce: Galantuomo, fatemi il piacere di dire a sua eccellenza reverendissima che il giudice Marini ha bisogno di parlarle, per un affare urgentissimo, che non ammette proprio dilazione.
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