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Presso Cotila sorse poi la villa paterna dell'imperatore Vespasiano, dove questi era solito recarsi nell'estate a godere le fredde acque che intorno vi scorrevano, acque solfuree ed acidule, villa che ei nomò Falacrine a ricordo del vico natale, e dove egli morì, e morì poi anche suo figlio Tito.
Ed era strano a vedersi, come mentre ei guardava le belle membra della giovinetta sposa, la squallida e cadente sua figura, dando certi guizzi repentini e particolarissimi si venisse grado grado rianimando, press'a poco come avviene di chi, assiderato e tramortito dal gelo, senta improvvisamente il vivo calore di una catasta accesa.
Ei si ferma da lunge, e gli occhi bassi Da lui rivolve, ed a sì dir gli prende: Vuolti Sultana; or meco movi i passi, L
Cadd'ella sì, ma non di fiori e d'erbe Guancial trovò sul molle suol proteso, Nè le miti verbene e le superbe Rose andâr liete del vergineo peso: Ben ei l'amante Pellegrin le acerbe Forme accoglie su'l petto ansio ed acceso, E gli spiriti erranti in su le chete Labbra le avviva, e geme, e le ripete: Amiam, fanciulla, amiam: sia piano o monte, Sia valle o mar, vivrem l'un l'altro appresso; Non v'è serto miglior d'un bacio in fronte, Non v'è laccio miglior d'un primo amplesso; Ci specchierem dentro a la stessa fonte, Sognar potrem sovra il guanciale istesso; Come ad olmo consorte edera o vite L'alme unirem sovra a le bocche unite.
Nero di polve e splendido d’amore, Affranto e sorridente, Ecco, ei m’avvolge in una stretta ardente, E sento sul mio cor battergli il core. Tu la vedesti mai?... Sembra di rame La sua pelle morata. È una dea che ha per letto il nudo strame, Una dea folleggiante ed abbronzata.
E l'amato mio Foscolo infelice, Sebben lui fede ancor non consolasse, Talor volea con umile cervice Mescersi all'alme per cordoglio lasse, Che la bella de' cieli Imperadrice Imploravan che a lor grazia impetrasse; E quando al tempio a sera ei mi seguiva, Indi commosso e pensieroso usciva.
Io meco ho sposa, e me la diede Amore, E di più figli la mia reggia è lieta; Che si pareggi al tuo non ha valore, Ma non per tanto i miei desiri acqueta; Altra sposarne, o dare ad altra il core, Il Dio grande, ch'adoro il mi divieta; Ed ei de' falli altrui piglia vendetta, Però mi scusa, e mie ragioni accetta.
Così sen va, e quivi m’abbandona lo dolce padre, e io rimagno in forse, che sì e no nel capo mi tenciona. Udir non potti quello ch’a lor porse; ma ei non stette l
"Forse no," rispose prudentemente Alice; "ma so che debbo battere il tempo quando imparo la musica." "Ah! e questo spiega tutto," disse il Cappellaio. "Ei non vuol essere battuto. Se lei non si bisticciasse con lui, egli farebbe dell'oriuolo ciò che ella vuole.
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