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Aggiornato: 8 giugno 2025
Se continuate così, io troverò molto meno il rimedio. Bah! io l'ho trovato. Lo sapevo. Siete cortese anche nell'intenzione. Vorrei esserlo nei fatti per voi. Vedremo. Dunque vi diceva che un mezzo c'è. Eccolo qui: io, a niun costo, voglio fare sapere a mio padre la verit
PANIMBOLO. Se menasse cosí i piedi nel caminare come le mani ne' piatti o le mascelle quando mangia, che l'alza in su e giú come un ballone, sarebbe venuto prima. DON FLAMINIO. Eccolo, ma con una ciera annunziatrice di cattive novelle. DON FLAMINIO. Leccardo, benvenuto! LECCARDO. Non son Leccardo né mai fui Leccardo, ché non mai mi toccò leccar a mio modo. DON FLAMINIO. Sempre sul mangiare!
Avevo detto a V. E. che la mia visita le sarebbe stata utile.... Ditemi.... Costui è in Napoli con finto nome.... E Cristina allungava le sue dita ossute, che parevano artigli, verso il biglietto di visita. Sotto qual nome? insisteva il principe. Eccolo! e Cristina pose il biglietto sotto gli occhi del principe.
Dio, eccolo.... eccolo.... veggo il lume: ecco il mio tiranno.... scende le scale, viene a tormentarmi.... Ma vieni, vieni pure.... Prima morta che tua.... sì.... ah! respiro.... non è lui; nessun lume viene a rischiarare questo abisso.
Eccolo: 1.° tu sei incredulo; 2.° tu sei carbonaro; 3.° tu hai delle relazioni incestuose con tua sorella. Don Diego si alzò lentamente, e poggiando la mano sinistra sul lembo della tavola del vescovo, rispose: Se sono incredulo, ciò riguarda Iddio. Se sono carbonaro, ciò riguarda il re. Se avessi le relazioni infami che dite voi, ciò riguarderebbe l'onore della mia famiglia, mia sorella e me.
Ed eccolo nella Capitale, ove il Meli lo vede e descrive, ed ove con le sue parole lo descriviamo anche noi.
Nella folla, poi, durante lo spettacolo, seguono mille avvenimenti. Di tratto in tratto scoppia una rissa fra due spettatori. Pigiata com'è la gente, qualche bastonata tocca ai vicini; i vicini dan di mano ai bastoni e picchiano anch'essi; il circolo delle bastonate s'allarga, la rissa si estende a tutto lo scompartimento della gradinata; in pochi momenti, cappelli in aria, cravatte in brani, visi sanguinosi, grida da intronare il cielo, tutti gli spettatori in piedi, le guardie in moto, i toreros, di attori, divenuti spettatori. Altre volte è un gruppo di giovanotti burloni che si voltan tutti insieme da una parte gridando: "Eccolo l
Così.... così.... discretamente.... come questo mio dito.... Come il tuo dito!... Oh! sta a vedere che sei tanto imbecil..... Ma non ebbi tempo di proferire la dura parola, chè l'altro in men ch'io nol dica balzò in cucina, e ricomparendomi innanzi con un asparago nella mano: eccolo, mi dice, non è dei più piccoli; se questo le può bastare per far colazione....
FILENO. Se non fosse per non far qui romor, ti caverei quell'arme tutte e ti concerei in modo che ti ricorderesti, manigoldo, sempre di questa sera. TIMARO. Orsú! Sta' fermo; lasciami star. Lo saperá il padron, veh! Eccolo. FILENO. Corri lá! Tien quella scala. Buon pro ti faccia. CRISAULO. Pian! Senza romore. Timaro, va', corri ora e trova Artemona.
Andrò in casa di don Flaminio che deve aspettarmi. DON IGNAZIO. Dura cosa è l'aver a far con i servidori: sa ben Simbolo quanto desio di andar a trovar mon'Angiola, e non ritorna. Ma eccolo. Come hai fatto aspettarmi tanto, o Simbolo? SIMBOLO. Come saprete quanto ho fatto in vostro serviggio, mi lodarete della tardanza.
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