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Aggiornato: 12 luglio 2025


MITIETO vecchio servo di Arreotimo CINTIA giovane innamorata sotto abito di maschio Balia di Lidia AMASIO giovane sotto abito di donna PEDOFILO padre di Amasio SINESIO vecchio padre di Erasto e di Lidia LIDIA innamorata ERASTO innamorato DULONE servo di Erasto Capitano Balia di Cintia ARREOTIMO padre di Cintia. La favola si rappresenta in Napoli. MITIETO vecchio, CINTIA sotto abito di maschio.

ERASTO. Perché tu non avesti mai bontá fede, col paragon del tuo animo fai giudicio degli altri e pensi sia qualche traditore. DULONE. Io non lo penso ma lo credo. ERASTO. A che te ne sei avvisto?

DULONE. Quanto piú cercherete peggio troverete: ché quel Cintio, che voi stimate cosí buon amico, è...; basta. ERASTO. Che vuol dire quel «basta»? che dici balbottando? che ti riservi fra la lingua? DULONE. M'ha ciera di un traforello, di un traditorello.

Dulone, dimmi, son morto o vivo? perché mi porti la morte o la vita nella tua lingua. DULONE servo, ERASTO. DULONE. Morto, arcimorto, piú di de' morti, ascoltate. ERASTO. Come vuoi che ascolti se dici che son morto? i morti non ascoltano. DULONE. Rivocate l'animo a voi mentre vi racconto quanto ho fatto.

DULONE. Io non vedo niuno: egli è sparito come una nebbia. Ma fermatevi, dove andate? ERASTO. Orsú, me la pagherai davero! DULONE. Padrone, io son chiaro di quanto dubitava: mentre voi sète stato in casa di Cintio, egli, uscendo dalla casa di Amasio, è stato in casa vostra, ha ragionato un pezzo con Lidia dalla finestra. Al fin calò a lui; l'ha usata violenza e fattala sua donna.

CINTIA. Erasto, vita mia, areste detto piú il vero: che il lampo che vien fuor dalla fiamma accesa nel mio core illuminasse queste tenebre. ERASTO. Se il fuoco del mio petto splendesse, aggiongerei un altro sole a questo emisfero. CINTIA. Desiderarei, Erasto mio, spender il tempo in piú virtuoso essercizio che in cerimonie. CINTIA. Entriamo, anima mia. DULONE. Hai visto e inteso, capitano?

DULONE. Veggio venir fuori Cintio da Lidia, e viene a tempo. AMASIO. Sento nominar Cintio. Ancor sta qui questa bestia che non lascia far i miei fatti? eccomi qui per sbestiarti, bestiaccia! CAPITANO. Qui ci manca un schiaffo e una mentita: sta da lungi e non posso dargli lo schiaffo, pazienza! della mentita non posso farne di meno.

DULONE. Stimo che il furore e l'ira, di che eravate acceso contro di lui, v'abbino mostrato una cosa per un'altra. ERASTO. A me parve cosí vedere. DULONE. La rabbia e lo sdegno imbriaca come il vino. ERASTO. Potrebbe esser quel che tu dici. Andiamo a incontrarlo, ché vo' ucciderlo in ogni modo.

Se l'amasse come tu dici, l'accettarebbe per isposo. DULONE. Pazzo è chi accetta per isposa chi può giacer seco quando gli piace. ERASTO. Taci, lingua fradicia! Non so io il costume di servi, che come veggon un che sia caro al padrone se gli congiurano contro? tu cerchi turbar una coppia di amici cari come noi siamo.

ERASTO. Farò come ti ho detto, ancorché ci vada il rischio di perdervi la sua grazia. DULONE. Fratanto farò la spia se Cintio venisse fuori, e mentre voi vi trastullerete con lei, s'egli si trastullerá con Lidia vostra sorella. ERASTO. Questo tuo suspetto è vano. Accostiamoci alla casa. Ma non so chi vien per qua: sará certo il capitano.

Parola Del Giorno

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