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Orsú vieni, ché non vo' che tu muoia per mia mano: la mia vendetta sia la tua vita infame: sopravivi alla tua codardia! Questa è la casa di Lidia; vo' fare il segno: fis, fis. BALIA di Lidia, AMASIO, LIDIA, DULONE. BALIA. Cintio mio, sète voi qui? AMASIO. ben, balia mia cara. BALIA. Lidia, Lidia figlia, che badi che non corri a ricevere il tuo Cintio? LIDIA. Cintio, anima mia, dove sei?

ARREOTIMO. O Dio, come ti renderò io grazie bastanti, se ben mentre io vivesse stesse sempre in un perpetuo rendimento di grazie? DULONE. Ci è maggior allegrezza. ARREOTIMO. Qual può esser maggiore?

Non posso trattenermi che non entri: volea andar a casa di Arreotimo per invitarlo alla festa della figliuola, e non posso trattenermi per il gran desiderio che ho di veder il nepotino. Fagli da mia parte tu l'ambasciata. DULONE. Cosí farò.

Andò molto volentieri: e dice che Amasia restò molto meravigliata, e che non solo non era vostra sposa ma che col pensiero ci era caduta mai, e che ha ben amicizia con Cintio ma che di voi non mosse parola mai; all'ultimo, che l'avevate presa in cambio: e le tornò la collana. Eccola. Avete inteso? ERASTO. Cosí fusse nato sordo! Ma non lo credo. DULONE. Perché non lo credete?

Come ora stava ragionando col padre, se ora stava ragionando meco? DULONE. Alcun di noi sta fuor di . Dove voi avete ragionato con Amasia? ERASTO. In casa di Cintio, in quella finestra sovra la porta; nel por che tu facesti il piè nella strada, ella fu chiamata e partissi.

DULONE. Ti conobbi alla statura, alla voce, alle vesti, al mover della persona, al volto senza barba. ERASTO. Anzi quello che costui dice, Lidia lo conferma e mi cerca vendetta dalla violenza che l'hai tu usata. CINTIA. Io non l'ho fatto violenza, ma riveritala sempre come mia sorella.

DULONE. Questo s'acquista per dirsi il vero a' padroni e per tener dal suo onore. ERASTO. Non mi sono accorto io che da certi giorni in qua tu l'odii? DULONE. Perché da certi giorni in qua m'accorgo che vi tradisce. ERASTO. È gentiluomo, non fará cosa cattiva. DULONE. Quel che non fa la natura, lo fa il mal uso.

DULONE. Ma perché desideri tedeschi, svizzeri e scavezzacolli e diavoli, se la rabbia l'hai solo con Cintio che con i suoi ruffianesmi t'ha tolta l'innamorata? CAPITANO. Adesso lo desidererei cosí all'oscuro che non potesse dir: Siatemi testimoni! avesse speranza che fossimo spartiti.

DULONE. Che mammella mammella? dove egli ha mammelle? quante volte l'ho io spogliato e vestito, quante volte avete dormito voi seco, quando siamo andati alla villa a caccia, dove si videro mai mammelle? ERASTO. Io ti dico che ho visto la piú leggiadra mammella che si vedesse giamai in donna.

DULONE. Ed io nel por del piè in questa strada, l'ho lasciata che stava ragionando col padre su la fenestra in quel vicolo, e l'ho vista come veggio voi. Se Amasia non gioca di bagattelle o non è qualche fantasima, non so come possa star in duo luoghi in uno istesso tempo. ERASTO. Chi era seco nella strada?