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Aggiornato: 2 luglio 2025
Donato anch'esso ha riconosciuto la giovinetta: Costanza! Ma parendogli gi
E senza dar tempo al giovane di rispondere, ripiglia il cappello, se lo incassa sulla testa perpendicolarmente, abbottona l'abito ed infila l'uscio. Un'ora dopo è di ritorno; Donato ha avuto le sue buone ragioni per non muoversi di casa e starlo ad aspettare.
Sono le dieci del mattino; qualcuno picchia all'uscio del suo domicilio legale; a Donato tremano le gambe nell'andare ad aprire. Se si sapesse gi
Ma, se si partisse per suo difetto, non sarebbe senza gravissima colpa: non però obligato a peccato mortale, propriamente, per quello partire. Sai tu quanto ha da l'uno a l'altro? Quanto da colui che tolle l'altrui, a quello che ha prestato e poi ritolle quello che per amore aveva donato, con intenzione però di non richiederlo, ma carta non ne fa affermativamente.
E l'altro, un ottimo vicino: «E quando non si hanno....» Senza dubbio lo scherzo gli pare amenissimo perchè sghignazza forte. Un istante di silenzio; Donato, ora che vorrebbe aprire, ha paura di lasciar entrare gli sguardi curiosi di quel vicino che ride.
Intanto il compagno rispondeva per ambedue alla domanda del gentiluomo. Io mi chiamo Tuccio di Credi: il mio compagno è Spinello Spinelli. Tutt'e due della scuola di mastro Jacopo di Casentino. Ah! disse messer Dardano. Il vostro amico è l'autore d'un San Donato, nel Duomo Vecchio d'Arezzo? A quel ricordo, Spinello Spinelli trasse un profondo sospiro dal profondo del petto.
In tutti i modi Donato è riconoscente all'avversario, e nella sua miseria trova ancora un sorriso da spendere; l'altro prosegue: «Ecco, se mai volesse aspettare un altro giorno fortuna migliore, ed intanto desistere, perchè non è forse prudente quanto immagina l'ostinarsi, anzi nossignore, non è prudente niente affatto... io s'intende, sarò a sua disposizione domani, doman l'altro, quando crede....
Sul far della notte ritornò ancora alla confortevole sua tenda del Pomo d'Eva, dove, al primo affacciarsi, vide il suo fratello Omobono, che innanzi ad una tavola attendeva a mangiare a quattro ganascie, chè il trotto vivace a cui s'era posto, viaggiando da San Donato a Milano, gli aveva messo un formidabile appetito. Come sta il marchese? fu la prima domanda che l'Elia fece al fratello.
Alla parola onesta, Donato rialza vivamente il capo; senza rendersene conto, ha una voglia pazza di regalare un paio d'impertinenze al suo avversario. Il quale interpreta quell'atto a modo suo e tira innanzi senza fermarsi: «Bravissimo; così mi piace. Un uomo volgare, dopo una brutta notte come questa, penserebbe a mille corbellerie, a disperarsi, ad impazzire, a pigliare un semicupo nel naviglio, od a cacciarsi in corpo una palla, che spesso va di sghimbescio e ti inchioda a letto un paio di mesi... che so io; un giovane volenteroso e savio, come lei, medita invece una partita coraggiosa colla fortuna, combatte col lavoro e coll'ingegno, si piglia una rivincita solenne e fa onore ai propri impegni e paga i proprii debiti... Le ho detto che mi sono scordato del mio credito... sarò sincero, ci penso invece, e sono sicuro che ella non mi far
Non vorrei dare una cattiva notizia al lettore, ma è provato che egli ed io, e gli amici suoi ed i miei, abbiamo tutti un demonio alle calcagna. Donato, nostro amico comune, ora appunto è alle prese col suo, che è un demonietto sopraffino.
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