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Salirono per una scaletta ripida di cinque o sei gradini, e vennero nella stanza de' campieri. Era piccola, a tetto, dalle pareti sudice: a sinistra due letti con le panchette di legno, e su ciascuno uno strapunto abballinato a quadretti bianchi e azzurri; a destra un deschetto addossato alla parete, e due rozzi sgabelli.

Entrava Masi con le bisacce. Non state a incomodarvi, compare, ho portato un po' di salsiccia. E fattosi incontro al contadino, la cavava fuori dalle bisacce coi sedani, il pane, il fiasco e la ricotta: dava l'una al campiere, posava le altre cose sul deschetto. Oh, non c'era proprio bisogno.... basta, sempre compito don Castrenze!

Nel giardinetto dell'osteria, sedevano a un deschetto, un po' lontani dal maggior chiasso e dalla folla de' bevitori, il nostro Lorenzo, Damiano e Giovanni, l'allegro compagno della fabbrica ch'era venuto con loro. Tra tutti e tre avevano rosicchiato una magra pollastrina arrosto, inaffiandola d'un buon boccale di bianco; e gi

Su un deschetto una lumera nella sua padellina di ferro, faceva il fungo tristamente. Il su Francesco era grasso bracato, con una faccia da mascheron di fontana, nella quale si scorgevano appena un par d'occhietti vivi, rossi e lacrimosi pel fumo: era vestito di bonaca e calzoni di bordiglione, aveva in capo una scarzetta di felpa con una lunga nappa di seta. Salutiamo il su Francesco.

Antonio passeggia in lungo ed in largo, le mani in tasca, la chioma rabbuffata, le orecchie livide pel freddo, la barba ispida, una pipa spenta in bocca, battendo i piedi di quando in quando, tutto, a vederlo, rattrappito dall'intirizzimento. Rosina siede vicino al deschetto e rappezza, con mani che hanno il colore delle orecchie di suo marito, dei logori panni pei bambini; innanzi a lei v'è la culla e in essa il piccino: ella col piede lo fa dondolare perchè dorma e gli va canticchiando una tediosa cantilena che interrompe tratto tratto per discorrere coll'uomo; i tre altri bambini ruzzano qua e l

Mastro Pasquale co' gomiti appoggiati sull'orlo del deschetto, e con le mani cacciate tra' capelli, guardava fisso il cugino Zumboli, che, tagliatosi un fettone di pane, e sbocconcellando, e facendo di tratto in tratto la zuppa segreta, parlava con la bocca piena, a frasi interrotte.

Il furrizzo era troppo basso perchè il Savarella potesse mettersi a scrivere al deschetto: e perciò Nicola prese un piatto e glielo porse rivoltato, gli dette un foglio di carta piegato, che s'era levato di tasca in una a un calamaio di corno a vite. L'aperse, si mise coccoloni davanti a don Bastiano; e gli diede la penna.

Accesero le pipe, appoggiarono i gomiti sul deschetto, le guance nelle palme, e restarono a guardarsi, cacciando gran boccate di fumo.