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Aggiornato: 10 giugno 2025
Salutiamo il su Carluccio, dissero a coro quei mafiosi. Salutiamo. Povero compare Peppe, eh! Ma lui non ne voleva sentire a parlare, santo diavolo! non poteva ancora darsene pace; non comprendeva come mai potessero succedere certe cose! l'aveva visto nel bosco sull'imbrunire, sano e pieno di vita.... Dove si va, compare Peppe? Alla montagna, su Carluccio. C'è cosa? Niente.
«Ma perchè noi v'amiamo riconoscenti, perchè ripetiamo con orgoglio il vostro nome e le vostre gesta ai nostri ed agli stranieri perchè salutiamo in voi un elemento iniziatore di progresso italiano, noi abbiamo diritto di parlarvi liberi come fratelli a fratelli: abbiamo diritto di ricordarvi i nostri comuni doveri: abbiamo diritto di dirvi: voi siete nostri; voi non potete staccarvi da noi, non potete esservi rivelati ottimi fra quanti abitatori ha l'Italia, per ritrarvi, per isolarvi.
Vedete che conosco il fatto mio. La Giustizia è bene ragguagliata, non fo per dire. Ci becchiamo la cassettina: salutiamo la signora chiedendole scusa del disturbo, scendiamo al primo piano, ci vestiamo da capo dei nostri panni, e ce ne andiamo pe' fatti nostri. Il colpo non è male architettato. Che ne dici tu, Architetto? Io dico, rispose l'Architetto, che a questa fabbrica mancano le chiavi.
Salutiamo dunque il signor deputato, e rallegriamoci col signor Amedeo, il quale da tanti anni vedeva il suo figliuolo arare diritto e finalmente raccogliere i frutti di quello che aveva seminato. Il signor Amedeo in quella faccenda non ci vedeva troppo giusto; bisogna confessarlo a suo marcio dispetto.
Rimangono seri, ma ansiosissimi. Che cosa si aspetta? Sappiamo che dovremo passare il Piave alle Grave di Papadopoli. Perchè dunque rimanere vicino a Nervesa? La pioggia è cessata. Il vento il divino vento favorevole sale con sbuffi impetuosi impacchettando le nuvole e cacciandole alla rinfusa verso il mare. Vento benedetto che noi salutiamo con baci e deliziosi tremiti nella gola!
La luna l'illuminò tutto, facendo luccicare i fregi di rame della giberna ch'aveva ad armacollo: era un uomo chionzo dal naso a trombetta, con una barba ispida, e nera: era vestito di bordiglione, portava, schiacciata indietro sul capo una scarzetta di felpa con una lunga nappa di seta. Ehi! Salutiamo, compare Giorgi. Oooh, don Castrenze!
Avevo fatto un mezzo miglio, quando vidi venire verso di me un uomo a cavallo a una cavalla baia. Quello lì, dissi, mi pare Nino D'Amico.... Se è lui, ha da esser devoto a qualche santo. Mi avanzo: era lui. Salutiamo. Oh, co....co....compa....pare Giorgi! Dove si va, compare Nino? Scendo alla masseria per parlar con Ntoni il capraro. Ringraziate Dio d'avermi incontrato, gli dissi io allora.
Salutiamo, rispose il campiere, con una cera maravigliata e sbuffando com'era il suo solito: poi ficcò i suoi occhietti in volto a' due giovani. Che diavolo andate facendo a st'ora e con sto tempo da cani!... C'è cosa?... Niente, rispose mastro Pasquale. Niente, ripetè mastro Santo.
Parola Del Giorno
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