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Aggiornato: 3 giugno 2025


Ma siccome la pistola è un'arme pazza, e quella di un briccone o d'un vile può fare buon colpo come quella di un galantuomo o d'un prode, io le darò il modo di far riuscire a vuoto il colpo dell'avversario. Così dicendo, gli metteva in dito un anello. Ariberti chinò gli occhi a guardarlo.

Freddo, scuro in faccia, laconico nelle parole, Berto Candriani all'angolo opposto della sala giuocava alle carte con altri amici; dal loro gruppo non venivano risate schiamazzi; ciascuno badava alle mosse dell'avversario, e le poste raggiungevano ormai una cifra di rilievo.

Alla seconda botta del Montalto, Lorenzo aveva risposto con una seconda legatura del ferro, minacciandolo così da vicino, che il marchese dovette balzare indietro e battere la lama dell'avversario con un colpo vigoroso di terza.

Il gesuita vide la mano in alto, la sentì scendere, rombare nell'aria. Strinse le pugna, ma senza ardire di respingere l'assalto; tutte le sue forze erano intese a sostenere lo sguardo dell'avversario, il cui volto, infiammato dallo sdegno, era una spanna dal suo. E la mano discese, rovinò sulla spalla del gesuita, facendolo vacillar sulle ginocchia, per la forza del colpo.

Nessuno era nel vestibolo. Maurizio entrò, col suo cappello in mano; da un uscio aperto, sulla sua destra, vide una sala da biliardo, e due uomini che stavano giuocando, l'uno occupato in una serie di caramboli, l'altro in atto di guardare il giuoco dell'avversario, e in pari tempo di ingessare il cuoio della propria stecca. La serie fu breve, per effetto di troppa sicurezza, o di fretta soverchia nel dare il colpo, e il giuocatore sfortunato era gi

L'offeso, pieno di sdegno, gettato lo scudo, afferrata la spada a due mani, percosse su la testa dello Stendardo; questi, che stava troppo bene su la guardia, fu presto a ricoprirsi il capo dello scudo; la spada cade, taglia lo scudo, il cimiero, l'elmo, e forse gli avrebbe diviso la testa, se non che il ferro col quale era fissata nell'elsa, si torce, e però la sua forza cessava sopra la cuffia di ferro: il feritore vedendo il nemico stordito, senza porre tempo tra mezzo, gli si spinge addosso, afferra con la manca la sua destra, e così forte gli contorce le ossa, che mandarono uno scricchiolare, come se fossero stritolate; lo Stendardo dal gran dolore rinviene, e lascia andare lo stocco; il Cavaliere del fulmine si avanza con la sua gamba destra tra le gambe dell'avversario, e con la mano tuttavia armata dell'elsa, di tanto grave punzone lo pesta nella visiera, che senza pure aver tempo d'invocare i Santi, di nuovo spasimato lo rovescia sul terreno; il feritore seguendo la sua vittoria trae il pugnale, si china, gli taglia il cuoio della visiera, e gli grida che si renda; nessuna risposta: lo Stendardo aveva la faccia piena di morte; su la bocca, e sul naso una spuma sanguinosa, intorno gli occhi un lividore quasi nero; ben fu due e tre volte tentato il Cavaliere del fulmine di conficcargli la lama del pugnale nella gola, e l'alzò, ma poi, come sdegnoso di tale atto, che il costume del tempo non considerava per vile, gli prese la spada, e lo lasciò privo di sentimento sul campo.

Per Orsacchio fu come, in una lotta, per l'atleta che ad un nuovo e più vigoroso assalto dell'avversario dapprima cede e indietreggia, poi tosto, ripresa nuova lena, si rif

Aspettando i padrini dell'avversario, in quella piccola sala deserta, mentre veniva dall'aperto il ronzio della folla che passeggiava per i viali della Villa e i mille diversi rumori del Caffè di Napoli, il duca sentiva un'agitazione interiore crescere in lui di momento in momento. Perchè aveva accettato di rappresentare Andrea Ludovisi in quella partita d'onore? Perchè non aveva trovata la forza di rifiutarsi, come si era rifiutato una prima volta? Perchè si era lasciato vincere dal pianto dell'amico?... Ah! le lacrime, i palpiti, i singhiozzi: egli non conosceva che questi!... E rivedeva la disfatta figura di Andrea, quando, non più sorretto dall'eccitazione che lo aveva spinto a sfidare ad un tratto le sorde provocazioni del Sammartino, gli aveva confessato tutta la propria miseria, il contrasto dell'amore, della gelosia, della disistima; l'impossibilit

La sua lunga spada milanese balenava in alto e ruotava, scendeva a rovina sulla spada dell'avversario, si ritraeva veloce e tornava più veloce ancora all'assalto, cercando la via fino al petto di messer Pietro e non trovandola mai. Il suo nemico, immobile, sereno, quasi scherzevole, lo teneva a bada con fine artificio.

Nel volersi ritrarre indietro, dopo tirato il colpo, egli senti la sciabola trattenuta, e pesare grave su di essa il corpo dell'avversario.

Parola Del Giorno

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