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Aggiornato: 15 ottobre 2025
L'avaro, ch'era una persona accorta, per l'avarizia spender non volia, ma per unirla alla religione, col piovan facea scena in un cantone. Per scarico dicea di coscienza, piovano, confessar vi deggio il vero: mia moglie, e ve lo dico in confidenza, nulla credea ne' successor di Piero.
Strano ad udir; ma le terrene genti Hanno di vita lagrimosa, o lieta Specchi a vicenda, onde a le umane menti Nulla temer, nulla sperar si vieta. Ora io deggio narrar, che miei parenti D'Italia usciro, e dimoraro in Creta: Quì dal grembo materno a la stess'ora Con un altro fratel men venni fuora.
Puote esser che tu sia tanto discosto, che tu non abbi questo bando udito, a nessun altro, fuor ch'a te, nascosto? Se tu 'l sapesse, io so che comparito nessun altro saria di te più tosto. Misera me! ch'altro pensar mi deggio, se non quel che pensar si possa peggio?
di quel peccato ov'io mo cader deggio, lunga promessa con l'attender corto ti fara` triunfar ne l'alto seggio". Francesco venne poi com'io fu' morto, per me; ma un d'i neri cherubini li disse: "Non portar: non mi far torto. Venir se ne dee giu` tra miei meschini perche' diede 'l consiglio frodolente, dal quale in qua stato li sono a' crini;
Indi a' suoi duci egli parlò: prendete Ciò che di forte in Rodi oggi dimora Per mover guerra, e nel gran pian scendete, Che de gli assalti omai vicina è l'ora; Altro dirvi non deggio, usi voi siete A la virtù, che vostri nomi onora; Ed io, sì come è degno, ho da provarmi Con esso voi nel grande orror de l'armi.
Al mio ardor fuor seme le faville, che mi scaldar, de la divina fiamma onde sono allumati piu` di mille; de l'Eneida dico, la qual mamma fummi e fummi nutrice poetando: sanz'essa non fermai peso di dramma. E per esser vivuto di la` quando visse Virgilio, assentirei un sole piu` che non deggio al mio uscir di bando>>.
Deggio forse narrar come possente Domò l'orgoglio de' vicin nemici, O ne i regni lontan come non lente Spiegò l'insegne a sollevar gli amici? Che più narrar degg'io? l'inclita gente Sempre in guerra ha vibrato arme felici; E questi ad emular forte s'accese Di tanti avi magnanimi l'imprese.
Se gli antichi pastor di rose e fiori sparsero i tempii, e vaporar gli altari d'incenso a Pan, sol perchè dolci e cari avea fatto a le Ninfe i loro amori: quai fior degg'io Signor, quai deggio odori, sparger al nome vostro, che sian pari a i merti vostri, e tante, e così rari, ch'ognor spargete in me grazie e favori?
Non starmi dunque, nè mirar, ch'in vano Pugni la plebe, o miserabil mora; Provarmi deggio, e racquistar sul piano L'alta vittoria non perduta ancora. E quì spronava: ma sul fren la mano Pongli Giassarte, e fagli far dimora. Sporgli volea quella, che dianzi scese Voce dal ciel: ma nulla Oronte intese.
colui potei che dal servo de' servi fu trasmutato d'Arno in Bacchiglione, dove lascio` li mal protesi nervi. Di piu` direi; ma 'l venire e 'l sermone piu` lungo esser non puo`, pero` ch'i' veggio la` surger nuovo fummo del sabbione. Gente vien con la quale esser non deggio. Sieti raccomandato il mio Tesoro nel qual io vivo ancora, e piu` non cheggio>>.
Parola Del Giorno
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