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Infine ha diritto di vivere anche lui, soggiunge, e se la gente si lascia ingannare, suo danno.

Un albergo servito da donne è tutt'altra cosa che i soliti alberghi: il viaggiatore ci si pare meno straniero, e ci riposa col cuore più queto; le donne gli danno una cert'aria di casa, che fa quasi dimenticare la solitudine in cui ci si trova.

Qual, se grembo di nubi umido ombroso Squarciasi a forza di rinchiusi ardori Corrono in prima per lo ciel nemboso, Ma senza danno altrui, tuoni e fulgori; Poi fulminando, l'Apennin selvoso Mira tronchi fumar, cader pastori, E dispersi atterrarsi armenti e gregge, Ed arse rupi dissiparsi in schegge: VI

Le storie raccontano che il Generale Garibaldi in cotesta battaglia riportasse contusioni non ferite, e male si appongono. Verso sera del 30 egli salito su di un poggiolo di pietra porgeva lodi e grazie agli studenti che in cotesta giornata combatterono come persone cui paia ventura cambiare la vita con la fama di martire per la Patria, e gli animava a perdurare nell'alto proposito, gli avrebbe avuti desiderati compagni in altre prove; intanto abbassati gli occhi e visto il suo chirurgo Ripari piegandosi verso lui gli sussurrava nell'orecchio: «venite stanotte da me, perchè sono ferito, ma nessuno lo sappiaDifatti egli aveva riportato una ferita di palla nel fianco destro, che senza penetrare dentro gli aveva lacerato i muscoli dell'addome; pericolosa non fu mai, molesta sempre, e di guarigione difficile, sicchè non ne uscì guarito, che pochi giorni prima della caduta di Roma; egli ne tacque sempre, ora lo dice, ed il Ripari, che tutte le sere gliela medicò conferma. Ma questo accadde sul declinare del giorno; adesso il Garibaldi non ha tempo per pensare alle sue ferite; chiamato rinforzo e venuto da Roma condotto dal colonnello Galletti si scaglia con nuova lena contro i Francesi, i quali sopraffatti si ritirano; scopo del Garibaldi era circuire il nemico, ed assaltatolo con tutte le forze alle spalle troncargli la ritirata su Civitavecchia, e costringerlo a deporre le armi; e certo gli riusciva, se in cotesto suo moto mettendosi diritto alle batterie romane non fosse stato lacero dai fuochi di quelle, le quali traevano senza posa su la massa non distinguendo amici da nemici, ed anco se i Triumviri gli mandavano oltre i primi nuovi rinforzi; nonostante ciò il Garibaldi prosegue il corso della prospera fortuna, si lascia addietro la villa Valentini occupata da un battaglione francese, e si spinge fino alla villa Panfili, che espugna a furia di baionetta. I Francesi da per tutto in rotta: intanto quattro compagnie dei nostri si dispongono a conquidere il battaglione della villa Valentini tutta cinta di mura; il Bixio siccome lo porta l'ardore del sangue afferra il cancello, che chiude la cinta e squassando forte e urlando da spiritato tenta schiuderlo, mentre le palle strepitano schiacciandosi contro i ferri del cancello rasente alle dita dell'audace soldato; altri non meno animosi gli si uniscono, e con forze riunite lo schiudono; i Francesi aspettano gli assalitori, presi dallo spavento si danno alla fuga. Aperto appena il cancello una spaventosa apparizione agghiaccia i cuori dei più feroci: un cavallo e un cavaliere tornano dal campo verso Roma, quello muove i passi a stento, l'altro vacilla a destra e a manca ciondolando il capo; aveva abbandonate le redini, che strisciavano sul terreno: le mani teneva pendenti ai lati della sella; la criniera, il collo, il petto, le gambe davanti, lo bordature del cavallo grommose di sangue; di sangue del pari rappreso il ventre e le gambe del cavaliere sordidate: il volto di lui più che cera bianco, ed inclinato sul petto: qualche palla ferendolo nella grande aorta ventrale lo aveva di certo concio a quel modo. Veruno ebbe ardimento di fermare cotesto cavallo che se gli bastò la lena sar

¹ Razzi alla congreve e molto usati dagli Austriaci, e credo per spaventare gl'inesperti giovani Italiani, a cui essi mai non recarono danno. Ai preti probabilmente erano stati regalati dai loro imperiali amici questi razzi che si adoperarono nella sera descritta.

Chi studia con amore e con riflessione le istituzioni mosaiche deve restare convinto che, tranne pochissime il cui senso ci è ora impenetrabile per la grande distanza dei tempi ed enorme differenza dei costumi, tutte le altre sono inspirate da due fini ch’egli si prefisse di ottenere: La salute del corpo, mercè assennatissime disposizioni sui cibi e sulla pulitezza, e mercè la moderazione nei piaceri; il miglioramento dell’anima, mercè la pratica d’ogni virtù domestica e sociale. «Santi siate, raccomanda egli al suo popolo, che santo sono io, l’Eterno Dio vostro». Ecco ora l’interpretazione che danno i nostri Dottori di questo precetto: «L’altare, dicono essi, è ministro di pace tra l’uomo e Dio e tra l’uomo e l’uomo; e viceversa il ferro è ministro di morte.

Non giova illudervi. Il paese che cominciava a guardar con favore ai vostri progressi e a sottoporre a più attento esame ciò che da noi o da altri si scrive per voi a pro del vostro giusto inevitabile sorgere, è dagli ultimi eventi di Francia in poi sulla via di retrocedere, impaurito e tendente ad appoggiare la stolta immorale teorica di resistenza più o meno adottata a danno vostro da tutti i Governi. Una selvaggia irruzione, non dirò di dottrine, ma d'arbitrarie irrazionali negazioni di demagoghi russi, tedeschi, francesi, è venuta ad annunziare che, per esser felice, l'Umanit

16 Non però son di seguitar intento l'istoria de la perfida Orrigille, ch'a' giorni suoi non pur un tradimento fatto agli amanti avea, ma mille e mille; ch'io non ritorni a riveder dugento mila persone, o più de le scintille del fuoco stuzzicato, ove alle mura di Parigi facean danno e paura.

Grimoaldo fu buono a proseguire la fortuna; diede una gran rotta a' franchi discesi fin presso ad Asti; poi volendo domare un duca del Friuli ribellato, e scansare, dice Paolo, guerra civile, chiamò rimedio peggior del danno, gli ávari, ed ebbe poi a volgersi contr'essi per cacciarli. E tra queste ed altre minori imprese, sprecata la vita operosa ma inutile al regno, morí nel 671.

Il Concilio di Trento, sess. 21, c. 8, Della rifor. mat. decretava gravi pene contro i concubinarii, e (nella sess. 52, c. 14 Della rifor.)contro i preti che si danno vergognosamente a questo vizio; ma queste pene devono essere pronunciate con sentenza, e molte fra esse non furono mai accettate in Francia, come, per esempio, quella della espulsione dei concubinarii dalla citt