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Io fuggii come un pazzo. Un'altra volta Cristina venne a chiamarmi. La seguii nella camera della culla. Mia madre stava l

Nome scordasti, e culla, e la menzogna lunga e lo strazio dell’inutil pianto: qui, se tu parli nel natio tuo canto, niuno t’intende.

In uno di questi scritti intitolato Memorie secrete di una donna pubblica, o avventure della Contessa Du Barry, dalla culla fino al letto di onore, sono narrate tutte le astuzie a cui ella ricorreva per consolarsi dell’esaurimento del re col duca d’Aiguillon ed in mancanza di questi col piccolo Zamore, col quale aveva messo in pratica tutte le teorie dell’Aretino.

Solamente il bimbo attrasse la sua attenzione; una attenzione curiosa e rispettosa, tenera e commossa, per cui non osava quasi di avvicinarsi alla culla, ed aspettava come un avvenimento straordinario il momento in cui avrebbe aperto le palpebre.

Come Dumas, Durantin fece il prologo dei quindici anni prima, il prologo così detto della colpa, il romanzo fatale che precede l'azione drammatica: Dumas mostra al pubblico il figlio in culla, e Durantin fa vedere la figlia in fasce.

Giorgio lo guardò fisso fisso, corrugando la fronte... gli pareva che quella testolina s'ingrandisse a poco a poco... Aveva i capelli lunghi... biondi... era Lalla! Lo ricacciò nella culla fuggì via dalla camera. Riparte così subito, signor conte? gli gridò dietro la Luigia. . Non vuol vedere la signora duchessa?... Sta molto male, signor conte!... Da due giorni non si alza più dal letto.

È morto? È morto? gridava mia madre, non udendo più il rantolo, vedendo apparire intorno al naso un lividore. No, no; respira. Avevano accesa una candela; e la reggeva una delle donne; e la fiammella gialla oscillava a piè della culla. Mia madre subitamente scopriva il corpicciuolo per palparlo. È freddo, tutto freddo! Le gambe s'erano affloscite, i piedini erano diventati paonazzi.

Ebbene ma non telegrafategli Andate a trovare Garibaldi e ditegli: «Pare il destino domandi da noi due il più grande sacrificio che uomo possa fare. E se a lui rode il cuore per la sua Nizza deve immaginare il dolore mio per la Savoia, culla della mia famiglia! Ma per fare l'Italia noi due dobbiamo fare questo grande sacrificio.

Poi chiese a Lucia, che attendeva con Teresa a far cuocere la minestra: Il piccino? È nella sua culla che dorme, rispose la moglie. E la minestra è cotta? Manca poco; aspetta. Oh don Omobono! riprese Monti, salutando il prete di vettura. Perdonate; non vi aveva veduto. E tu non parli quest'oggi, Teresa? Che cos'è? Ve ne state tutti ingrugnati? cosa è avvenuto? che cosa c'è di nuovo?

Ella mi disse ancora: «Ove sei nata, Poetessa fatal del malaugurio?... Quale perversa fata Ti stregò ne la culla?...»