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Lo credi? domandò Pietro spaventato. Che cosa posso fare? Non incaricarti troppo di quel Santanera imbecille e m

Poco stante si udì un rumore di passi nella camera attigua, e Tuccio di Credi apparve sulla soglia. Il povero Tuccio aveva per solito una faccia rabbuiata, ma quel giorno aveva senz'altro una cera da funerale. Maestro, diss'egli, è qui messer Luca Spinelli. Ah, bene, fallo entrare; gridò mastro Jacopo.

Poi vidi gente che di fuor del rio tenean la testa e ancor tutto 'l casso; e di costoro assai riconobb'io. Cosi` a piu` a piu` si facea basso quel sangue, si` che cocea pur li piedi; e quindi fu del fosso il nostro passo. <<Si` come tu da questa parte vedi lo bulicame che sempre si scema>>, disse 'l centauro, <<voglio che tu credi

Che forza sugli uomini e sulle cose avrebbe avuta il Giocomina, con quella donna al fianco! Una donna, soggiunse Fior d'oro, con un sorrisetto malizioso, è spesso un impiccio, pei cavalieri in viaggio; ma è pure un grande aiuto, se ha cuore ed ingegno; non credi?

Oh! bella, ripigliò Leonida, credi che ti dimentichi, ed appena arrivato ti cerco per metterti a parte di tutto... Per questa notte sar

Intanto il compagno rispondeva per ambedue alla domanda del gentiluomo. Io mi chiamo Tuccio di Credi: il mio compagno è Spinello Spinelli. Tutt'e due della scuola di mastro Jacopo di Casentino. Ah! disse messer Dardano. Il vostro amico è l'autore d'un San Donato, nel Duomo Vecchio d'Arezzo? A quel ricordo, Spinello Spinelli trasse un profondo sospiro dal profondo del petto.

Cotal fin ebbe il maledetto Gano: Chè lo eterno giudicio è sempre appresso, Quando tu credi che sia ben lontano.

Ov'erano quelle espansioni ingenue d'una volta, e quel tenero e soave raccoglimento alle speranze? Quanto siamo mutati! mi disse egli un giorno fissandomi in volto impensierito. Tu più di me, gli risposi. Lo credi. Ma provati a rimontare la corrente degli anni e non t'incresca di rovistare nelle ceneri di quello che fu gi

POPPEA Non la beltá per certo; ognor la mia prevalse agli occhi di Nerone: io temo il finto amor, la finta sua dolcezza; l'arti temo di Seneca, e sue grida; e della plebe gl'impeti; e i rimorsi dello stesso Nerone. TIGEL. Ei da gran tempo t'ama, e tu nol conosci? Il suo rimorso è il nuocer poco. Or, credi, a piú compiuta vendetta ei tragge Ottavia in Roma.

La mia lontananza ha durato fino a che io mi credeva inutile; ella ha cessato allorchè io credetti la mia presenza necessaria. Necessaria!... riprese con calma Bruto, se tu lo credi, sar