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Ho parlato delle cimici, perchè ne ho trovate dappertutto. Nei camerotti polizieschi, nelle celle del Cellulare di Milano, nelle stanze del carcere giudiziario di Genova e nello stanzone del penitenziario di Finalborgo. Dopo la condanna, il Turati occupava, al Cellulare, una stanza spaziosa e ariosa nell'esagono del secondo raggio.

Abituati al tovagliolo e alla posata lucente sul candore diffuso per la tavola, la mobilia della nostra sala da pranzo si riduceva a una lunga panca dalla quale sbucavano, di tanto in tanto, gli insetti rossicci che la povera gente chiama cimici, e a dei sedili di legno rotondi, le cui capocchie laceravano di frequente i calzoni dell'avvocato Romussi. Mettevamo la panca vicino alla seconda finestra e sedevamo quattro da una parte e tre dall'altra. Coi tozzi di pane sparsi qua e l

Si abitua a mangiare le cose meno mangiative o più repulsive con le i mani, a pulirsi le dite nella giacca, a vedersi gli orli delle unghie calcate di sudicerie nere, a lavarsi maledettamente male in un cucchiaio d'acqua senza sentirsi invaso dal malessere, a considerare i pidocchi come amici di casa e a prendere delicatamente le cimici senza contorsioni e travolgimenti d'occhi.

Alla notte, per paura che mi andassero nelle orecchie, o su per il naso, o in bocca, fui costretto ad alzarmi. Il letto ne formicolava. Potevo coglierle a manate al buio. Sdraiato non mi lasciavano quieto. Le mie mani precipitavano sulle gambe, sul petto, e le rincorrevano per il corpo senza riuscire mai a liberarmene. Come erano spietate le cimici del carcere giudiziario di Genova!

La sola cosa, che potevano fare per me, era di mettermi in una stanza solo e di offrirmi un bicchiere d'acqua fresca con del limone del loro fiasco. Accettai tutto con dei grazie e mi lasciai condurre di sopra da un secondino che mi aperse e mi chiuse in una stanza. Delle cimici che divoravano il soffitto, annerivano le pareti e muovevano il pagliericcio, ho gi

Il modo del pensar ridotto a tale era, e guasta e corrotta la gente che non si potea dir piú mal del male, senz'esser giudicato maldicente e seccator misantropo bestiale da punir colla sferza onnipossente, o per lo men da chiudere in prigione a far co' topi e i cimici il Catone.

Un altro tipo curioso sotto parecchi aspetti, era l'infermiere che veniva nella nostra camerata nei pomeriggi della caldura a inaffiarla di acido antisettico per tentare di salvarci dalle mosche inique e dalle cimici implacabili. È un forzato di cuore, che si trova in galera per avere creduto nella fedelt

VIRGINIO. Aveva arme? PEDANTE. Credo de . VIRGINIO. Costui sará stato preso: ché abbiamo un podestá che scorticarebbe li cimici. PEDANTE. Io non credo però che a' forestieri si faccia queste scortesie. GHERARDO. Addio, Virginio.

Entrando nelle prime, trovi un portinaio ciabattino, che vive in un bugigattolo buio ed infetto. Il tanfo vi è nauseante; sui gradini della scala vi si scivola; gli usci si direbbe si lamentino di dover girare sui cardini; le persiane, spalancate, si rinchiudono sgarbatamente in faccia; gli scarafaggi ed i topi sono padroni della cucina; i cimici, del letto; le faine, del solaio; le lumache e gli scorpioni della cantina; il pozzo d

Permetterete ancora al Sole miliardario di mutarvi in sinistri inaffiatoi di sudore e di odio sul marciapiede fumante?... Gettate via le vostre divise imbottite di cimici! Non avete abbastanza grattati i foruncoli pieni di lagrime, della vostra pelle avvizzita?... E perchè temete dunque i fuochi di gioia della mitraglia e l'odore della polvere, disinfettante sublime?...