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Aggiornato: 3 giugno 2025


Pensa, lettor, se quel che qui s’inizia non procedesse, come tu avresti di più savere angosciosa carizia; e per te vederai come da questi m’era in disio d’udir lor condizioni, come a li occhi mi fur manifesti. «O bene nato a cui veder li troni del trïunfo etternal concede grazia prima che la milizia s’abbandoni,

POLISENA. Ma non per noi. EUFRANONE. Perché no? POLISENA. Perché siamo cosí avezzi alle sciagure che, volendoci favorir la fortuna, non trovarebbe la via. EUFRANONE. Abbiam maritata Carizia. POLISENA. Eh, e con chi? con quel dottor della necessitá, nostro vicino? EUFRANONE. Con un meglior del dottore. POLISENA. Con quel capitan Martebellonio bugiardo vantatore? EUFRANONE Con un gentiluomo.

LECCARDO. Sempre su gli amori! DON FLAMINIO. Se ti scaldasse quel fuoco che scalda me, diresti altrimenti. LECCARDO. Io credo che l'amor delle femine scaldi; ma l'amor del vino scalda piú forte assai. DON FLAMINIO. Che novelle? LECCARDO. Dispiacevolissime. Don Ignazio avendo trattato col padre, ave ottenuto Carizia.

O tanto desiato oggetto degli occhi miei, hai sofferte tante ingiurie insin alla morte, insin alla sepoltura; e or volevi finir la vita in un monastero! CARIZIA. Veramente avea cosí deliberato per non aver a trattar piú con uomo, poiché era stata ingiuriata e rifiutata dal primo a cui avea dato le premizie de' mia amori e i primi fiori d'ogni mio amoroso pensiero.

Sappiate che se ben Carizia mia nipote è giovane, nasconde sotto quella sua etá acerba virtú matura, sotto quel capel biondo saper canuto, sotto quel petto giovenile consiglio antico; e se ben è povera d'oro, l'onore non li fa conoscer bisogno alcuno, perché si stima ricca d'onore e di se stessa: e nella sua onestá s'inchiude il suo tesoro e la sua dote.

Ahi, Carizia, cosí onori il tuo sposo? queste sono le parole che ho intese da te questa mattina? non avevi altri uomini con chi potevi ingannarmi, e lasciar mio fratello? e se mi dispiace l'atto, mi dispiace piú assai con chi l'hai tu adoperato. SIMBOLO. Padrone, fate resistenza al male, ché non è maggior male che lasciarsi vincere dal male.

LECCARDO. Non si può, perché è cosa troppo lunga si può esprimere in una parola; e la stanchezza m'ha tolto il vigor del parlare. DON FLAMINIO. Mentre hai detto questo, aresti detto la metá. LECCARDO. La vostra Ca... Cari... Carizia... DON FLAMINIO. La mia Carizia.... O buon principio! spediscela, di grazia. LECCARDO.... sará vo... vostra:...

O cara vita mia, quanto sei stata pianta da me, dal tuo padre, fratello e zio mio, e da tutto Salerno! CARIZIA. Donque mi spiace che viva sia, essendo onorate le mie essequie da persone di tanto conto. DON IGNAZIO. Ecco, o vita mia, hai reso il cor al corpo, lo spirito all'anima, la luce agli occhi e il vigore alle membra.

Mas quiero veer se puedo, con alguna lisonia, pararme tal con esta vieia vellacca alcahueta que me aga alcanzar algo con ella. Buenos dies, madonna Pasquella galana, gentil. Donde venís vos tan temprana? PASQUELLA. Oh! Buon , Giglio. Io vengo dalla messa. E tu dove vai? GIGLIO. Buscando mi ventura, se puedo toppar alguna muger che me haga alguna carizia. PASQUELLA. Oh !

DON FLAMINIO. Ecco, o Panimbolo, che, tu non avendo voluto credere a quanto io te diceva, che don Ignazio non s'accorse quel giorno di Carizia e che è molto invaghito della figlia del conte, per far a tuo modo e per iscoprir l'animo suo, l'avemo detto che il matrimonio con la figlia del conte era conchiuso; e vedesti con che pronto animo e con che accesa voglia volea sposarla allora allora e non aspettar in sino alla sera.

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