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Aggiornato: 28 giugno 2025
Vi dovete ricordare di Lodovico, signora Emilia: quel bel giovane che governava la gondola del cavaliere nell'ultima regata, e guadagnò il premio! Quello che cantava poesie così belle, sempre sotto la mia finestra, al chiaro della luna, a Venezia! Oh! come l'ascoltava io! Temo che que' versi non ti abbiano guadagnato il cuore, Annetta mia. Ma se è così, ricordati di non lasciarglielo capire.
Il giardino s'era confuso in una massa violacea, rotta ancora dal luccichio cupo della vasca. Una zona di luce persisteva ai confini del cielo, una larga zona tricolore: sanguigna in basso, poi arancia, poi verde del verde d'un vegetale morente. Nel silenzio crepuscolare una voce liquida e forte risonò, simile al preludio d'un flauto. Cantava l'usignuolo. È sul salice mi susurrò Giuliana.
Quei Pelli-Rosse dai guaiti sì discordanti ed offensivi avevano le loro sfide di poesia e di musica, che terminavano non raramente in una sfida al coltello. Si dava un tema. Il primo cominciava e cantava la sua strofa; un altro rispondeva, ed alternando così le strofe come i pastori di Virgilio, si continuava per lungo tempo.
Essa sapeva suonare il cembalo per istinto, cantava perchè Dio le aveva detto di cantare.
Manfredi gli abbracciò, e continuò seco loro a conversare, finchè udirono venire Riccardo che cantava: «In sella, in sella, cavalieri armati, Che l'araldo dell'arme ha dato il segno; Stanno le vostre dame agli steccati, Un scudo d'oro di vittoria è il pegno.» Allora si levarono tutti: il cielo appariva in parte sereno; salirono i destrieri, e si riposero in via.
Era andato una sera a teatro, non so bene se al Rossini, o al D'Agnennes, o ad altro dei teatri di second'ordine della vecchia capitale del regno. Si cantava un'opera alla svelta, senza grandi apparecchi, senza sfarzi, come si usa in Italia colle opere dei nostri grandi maestri della prima met
Gli uomini di scienza conoscono questo fenomeno. Dopo le prime note dell'organetto, Nello, invece di rispondere alla interrogazione del presidente, cominciò a cantare. Cantava a squarciagola nella sala, come quando si trovava nella Piazza Luna. Lì per lì tutti furono presi da stupore. Poi nacque un baccano indiavolato. Il pubblico si agitava.
Imilda attendeva alla sua creaturina, alla capretta, alla bisogna del pranzo e della cena, cantava sempre fissando il cielo: e alla sera aspettava il suo Ugo che tornasse dai boschi. Due anni erano scorsi in pace'.
Il prete parlava loro di Dio come di un padre pieno d'amore e di magnificenza; dipingeva le gioie del paradiso con colori smaglianti, le cantava con strofe poetiche, ma giammai parlò dell'inferno. Esse non conobbero neppure il nome dei peccati, neppure la parola peccato.
Sicuro che c'è; rispose Don Pietro. Ad onta di tutte le ammonizioni, il cacciatore ritornò sulle rive del lago. Da principio andava guardingo, rimaneva appiattato tra i faggi, per non turbare la quiete della Ninfa, che stava sempre rasciugando i bei capegli d'oro al sole, e cantava frattanto una canzone, di cui egli non intendeva le parole, ma coglieva benissimo la soave melodìa. Ardì avanzarsi un giorno allo scoperto, e gli parve che ella, non che turbarsi della sua presenza, gli sorridesse e gli accennasse del capo. Lo chiamava forse a sè? Il giovane innamorato tentò allora di avvicinarsi; ma c'era sempre l'ostacolo di quel canaletto così profondo, in cui si vedevano guizzare le negre salamandre attraverso alcuni tronchi di faggio che infracidivano l
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