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Aggiornato: 26 giugno 2025
"I locali del sozzo ovile (scrive Carlo Morbio, che fu egli pure alunno nel Collegio de' Nobili) non avevano subìto cambiamento importante dall'epoca in cui fuvvi Manzoni; così almeno assicuravano i vecchi del Collegio, che si ricordavano benissimo del vispo e caro Don Alessandro o Lisandrino. Verso la seconda corte ed i giardini, il Collegio spiegava un aspetto grandioso, ma melanconico e severo. Nell'interno, ampi eranvi i corridoi e le camerate. Era, per dir così, la fronte d'un vasto caseggiato, che non venne poi condotto a compimento. Verso il Naviglio poi l'Imperiale Collegio presentava una fronte ignobile e bassa. Gli alti pioppi di quella seconda corte gi
«Il grido che si muore di fame è nell'aria. Tutte le camerate ci fanno chiedere dei bocconi di pane. Noi, che soffriamo un po' tutti di inedia, mandiamo gli avanzi delle nostre pagnotte ai 35 minorenni della camerata quasi in faccia alla nostra. Tra loro sono pochissimi quelli che possono spendere per il sopravitto. Devono essere tutti poveri o figli di poveri.
Mancherebbe che ci fosse anche il permesso della sigaretta per far diventare il reclusorio uno spaccio di tabacchi. Il direttore era stato in tutte le camerate a fare una specie di predicozzo sui doveri del condannato e a incoraggiare i reclusi a sperare nella grazia sovrana.
Di mattina, era addetto al medico. Registrava la medicina da mandarsi a prendere. Dopo, andava per le camerate a raccogliere le ordinazioni mangerecce, e nel pomeriggio, fino magari dopo la mezzanotte, rimaneva con un galeotto perpetuo a preparare gli specchietti del movimento amministrativo quotidiano. Il suo numero di matricola era il 2107.
Scoperchiandolo, vi sentite in faccia la tanfata pestifera delle uova putrefatte. Il «pitalone» delle altre camerate è un enorme mastello che rimane negli angoli e passa per i corridoi come una cloaca. Nel reclusorio di Finalborgo non ci sono latrine! Quando si vuotano e passano dinanzi i cancelli, si è come in mezzo ai bonzoni dei pozzi neri che si scaricano.
Tutto sommato, erano ore deliziose. Il chiasso delle camerate vicine alla nostra cessava con la campana del silenzio. Salvo qualche gola che sprigionava versi da dannato o qualche voce che dava fuori nel sonno o qualche disgraziato che manifestava i suoi tormenti fisici con degli: oh Signor! femm morì, femm!, potevamo supporci in un sepolcro. Si poteva sentire la penna di qualcuno che s'impuntava sulla carta, o il piede di cimossa di un sottocapo in giro a origliare e a guardare attraverso i pertugi, o la respirazione di un recluso al di l
Avevano illanguidita la loro tinta nell'ombra delle camerate; sotto abiti senza linea avevano contraffatta la loro freschezza; ma dovevano da quel periodo severo e umile sbucar nella vita, svelare le loro facolt
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