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Aggiornato: 1 giugno 2025


L'affascinante conte Fabiano, il quale aveva attraversato mezza Europa in un'affannosa ricerca del piacere, seminando il denaro e facendo tutti allegri quelli che lo avvicinavano, perchè gli era intollerabile vedersi intorno visi scorati o smorfie d'angustia, non era più se non una rovina.

Ma bisogna vederlo in una oscura notte di tempesta, illuminato dal lampo, scosso dalla folgore e pieno di cupi e strani rimbombi. Tale era la notte dell'8 febbraio, quando i congiurati ad uno ad uno per diverse vie si avvicinavano all'anfiteatro dei gladiatori e delle fiere, avvolti in ampi mantelli che nella luce incerta parevano toghe.

Che? pensò: sarebbe possibile che in questo luogo potessi avere gli schiarimenti che desidero? Che qui trovassi chi possiede i segreti forse di colei, che ritengo mia prossima congiunta? Cielo! che mai accadde del cavaliere dell'Isola?... Egli, nato in seno all'opulenza.... Ed i suoi figli dove precipitarono essi? Delle voci che si avvicinavano strapparono il conte a quelle riflessioni.

Bernardino intanto chiedeva la torcia, alcune voci lontane rispondevano, parecchie persone si avvicinavano, e un lume comparve nel cortile; Emilia fu trascinata fuor della porta: ella vide lo stesso uomo che teneva la torcia del portinaio, occupato a far lume ad un altro, il quale sellava un cavallo in fretta, circondato da altri cavalieri dal truce aspetto.

Il domani, aprendo le finestre, si poteva credersi sulle sponde dell'Oceano. La nebbia copriva la pianura di Diano, ed il vento l'agitava come i flutti in tempesta. La notte però aveva nevicato. I viaggiatori, nel secondo giorno, si mostrarono più comunicativi. Si avvicinavano ancora di una tappa alla meta delle loro speranze. Pochi alberi nella campagna.

I cavalieri, presi da violenti colpi di tosse, ogni qual tratto erano costretti ad accostare alle labbra la fiaschetta dell'acqua, per inumidire la gola secca, arsa. Per dieci ore marciarono senza interruzione, scendendo e salendo le colline, facendo spesso fuoco contro le bande di jene che rese audaci dal numero si avvicinavano minacciosamente con risa sgangherate, poi fecero alto.

In tale stato dell'animo, stava ei dunque ancora immobile sulla soglia della camera da letto del suo Armando, e i servi aggruppati in un canto dell'anticamera, mentre lo guardavano attenti, non ardivano nemmeno di respirare, quando s'udì dalle scale, dai corridioi, dalle camere, un gran rumore di passi e di voci che si avvicinavano, e finalmente si videro entrare con gran sollecitudine alcuni ufficiali in quell'anticamera stessa.

Come i passi si avvicinavano sempre più, egli volse un poco il capo, e posando il libro sulle ginocchia, con le mani stese verso l'arrivante ed una espressione di letizia nello sguardo, esclamò: Ladislao, ragazzo mio!... Il nuovo venuto prese una di quelle mani, la portò alle labbra e la baciò.

Ad un tratto sentì parlare nel cortile; udì dei passi che si avvicinavano, poi aprir l'uscio del fondaco: non poteva essere Daniele, era troppo presto. Chi è? Sono io, signora padrona! gridò la voce di Teresa, la portinaia. C'è un signore... Vuol parlar con lei!... Di gran premura!... Venga domani mattina! rispose Maddalena forte, senza muoversi. Adesso è chiuso; è troppo tardi.

Mentre così si avvicinavano a Roma, ecco occorrere a Federigo una magnifica ambasciata del Senato e del popolo romano, che ammessa alla sua presenza così cominciava: «Gran Re, noi, di straniero che eravate, vi abbiamo sollevato all'onore di essere cittadino, e Principe nostro;» e così continuavano, fino ad esporre per patti della sua incoronazione il pagamento di cinquemila libbre di oro, e la concessione al Senato di reggersi come meglio gli piacesse. Federigo, a mala pena contenendosi, tutto infiammato nel volto rispondeva: «Roma o omai gran tempo che è convertita in nudo nome; voi mentite, se osate affermare me essere vostro Principe per elezione della vostra volont

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