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Aggiornato: 8 maggio 2025


Questi prodi marciarono verso il nemico coll'arma al braccio, come in piazza d'armi, e ricorderò sempre con orgoglio d'aver comandato a simili militi. Il fiero ed imponente contegno delle nostre colonne, marciando avanti senza sparare un tiro contro una grandine di granate e di fucilate, scompigliò il nemico, e lo sloggiò dalle sue posizioni.

Formato così il piano e l'ordine di marcia, uscirono la sera del 16 da porta S. Giovanni; marciarono per via Labicana; arrivarono alla mattina del 17 a Zagarolo, dove soggiornarono; ripartirono il giorno appresso per Valmontone, dove il grosso e la riserva si accampò, mentre l'avanguardia si spinse fino a Montefortino, forte posizione a cavaliere delle due vie che da Valmontone conducono l'una a Velletri, l'altra a Terracina; che è quanto dire, sulla fronte e sul fianco dell'esercito Napoletano.

Si ripresero da capo i segnali, le battute di mano si seguirono, ed alla terza gli avversarii marciarono ad incontrarsi colla pistola armata nella destra e coll'occhio fisso l'uno sull'altro senza battere palpebra col meditato intento dell'omicidio.

I cavalieri, presi da violenti colpi di tosse, ogni qual tratto erano costretti ad accostare alle labbra la fiaschetta dell'acqua, per inumidire la gola secca, arsa. Per dieci ore marciarono senza interruzione, scendendo e salendo le colline, facendo spesso fuoco contro le bande di jene che rese audaci dal numero si avvicinavano minacciosamente con risa sgangherate, poi fecero alto.

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