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Aggiornato: 19 giugno 2025


Ah !... quello sguardo era una espressione viva e sincera dell'anima, un'espressione che non aveva parole corrispondenti nell'umano linguaggio, era assai più soave d'un profumo, più armonioso d'una melodia, era un fluido supremo che m'invadeva, indefinito, indefinibile, sottile, impalpabile, ma positivo come la luce e l'elettrico.

Intanto che il conte ed Ermanno scendevano, il primo da cassetta, lasciando le redini al groom, e il secondo da cavallo, Rosalia di Verdara aveva chiesto alla signora d'Archenval se si fidava di fare due passi. «Mi proverò!..» aveva risposto la viscontessa, che il moto e l'aria dolce avevano animata, e le amiche erano anch'esse discese dal legno, di cui Ermanno aveva dischiuso lo sportello. Intanto che Giulio di Verdara si spingeva innanzi, al trotto del cavallo completamente rassicurato, la piccola comitiva si era messa in cammino, seguita a breve distanza dalla carrozza vuota. La contessa dava il braccio alla signora d'Archenval, e Massimiliana ed Ermanno si tenevano al loro fianco; ma ben tosto, per la lentezza con la quale la sofferente era costretta ad incedere, i due giovani si erano trovati inavvertitamente un poco innanzi. Tutta avvolta, nel suo mantello, con le braccia e le mani nascoste dentro di esso, la signorina di Charmory si perdeva fra quei larghi contorni e solo il suo profilo purissimo si disegnava sotto la toque d'una tinta scura. Restando solo per la prima volta con lei, una trepidazione crescente si era impadronita di Ermanno. Nel mentre qualche cosa di armonioso vibrava nell'animo suo all'imprevedibile fortuna di quell'incontro, egli avrebbe voluto esser lontano, tanto dolorosa finiva per essere l'emozione cagionatagli dalla vicinanza di Massimiliana. Poi, che cosa dirle, se non il sentimento che gli divampava dentro; di che cosa parlarle, se non dell'amor suo? Ma, al tempo stesso che egli si confermava nel proposito di non far nulla per dimostrarle ciò che provava, egli pensava alla difficolt

Ma il privilegio più curioso della cattedrale di Siviglia è la così detta danza de los seises, che ha luogo ogni sera, sull'imbrunire, per otto giorni consecutivi, dopo la festa del Corpus Domini. Poichè fui a Siviglia in quei giorni, l'andai a vedere, e mi parve cosa degna di esser descritta. Da quanto me n'era stato detto prima, mi pareva che la dovesse essere una pagliacciata scandalosa, ed entrai nella chiesa coll'animo preparato a un sentimento di sdegno per la profanazione del luogo sacro. La chiesa era buia; la sola cappella maggiore illuminata; una folla di donne ginocchioni ingombrava lo spazio fra la cappella e il coro. Alcuni preti stavan seduti a destra e sinistra dell'altare; davanti alla gradinata era disteso un ampio tappeto; due file di ragazzi dagli otto ai dodici anni, vestiti da cavalieri spagnuoli del medio evo, con cappello piumato e calze bianche, eran schierati gli uni di fronte agli altri, in faccia all'altare. A un cenno dato da un sacerdote, una soave musica di violini ruppe il silenzio profondo della chiesa, e le due schiere di ragazzi si mossero con un passo di contraddanza, e cominciarono a dividersi, a intrecciarsi, a sciogliersi, a riannodarsi, con mille graziosissimi giri; e poi proruppero tutti insieme in un canto armonioso e gentile, che echeggiò nell'oscurit

Voi non eravate ancora nato, caro Laner!... Bei tempi!... Ricordatevi, predicavo loro, a tutti quei matti, che la poesia è la musica, musica italiana, s'intende! del pensiero: verso e pensiero, pensiero e rima, tutto deve essere armonioso, tutto deve esser limpido, come le "chiare, fresche e dolci acque" di messer Francesco!

Tutte cose utili, ma non indispensabili, avvertendo che anche il troppo, in caso, storpia. Non potrebbero forse bastare, per un più armonioso e comodo avvenire fra consorti, anche sufficiente intelligenza e dottrina nell'uomo, e criterio ed economica nella donna, alla reciproca volont

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