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Marfisa Ferraú conosce certo, ché seco fatto avea piú d'un duello; ma fa del franco ed usa il tratto aperto, che lievi ogni sospetto dal cervello. Verso la piazza sentesi un concerto di corni e violini molto bello. Il popol corre, d'urto e schiamazza, e tutta Saragozza è nella piazza. Marfisa a Ferraú ragion dimanda di quel concerto e di quel gran furore.

Ancora! Ancora! Moltiplicate i vostri zig-zag, instancabili archi dei violini! Archi febbrili che una strana pazzia incatena agl'istrumenti, segate, segate furiosamente il cuore dei violini, e demolitemi l'anima, archi vibranti e slogati che sussultate, più rossi di martiri scorticati vivi, inchiodati in croce!... Oh!

Eppure le rose nascoste ancora fioriscono dai fragranti rosai; nostra è ancora la gioia del mondo; in noi sale scintillante la spuma del vino biondo, ridono, tremano, cantano gli archi dei pazzi violini... Domani

Gli accordi dei violini mi giungevano agli orecchi come un debole, indistinto ronzìo. Il mio spirito vagava Dio sa dove. La punta del piedino continuava a vellicare, a stuzzicare il bastone, conduttore del fluido. Quella era la musica!... A un tratto l'altra, la musica apocrifa, assurda, si arrestò bruscamente. Mi scossi di soprassalto. L'atto dell'opera era finito.

Come suonavan bene, maestro zingaro, nella notte calma e profumata i vostri pazzi violini!... , è la vita che passa, è il tempo che vola, e noi dobbiamo qualchevolta credere nella musica delle orchestre, nei bicchieri colmi e vuoti, nelle sigarette sature d’oppio, nel riso d’una donna che ci sembra la più bella donna della vita...

Fuori, laggiù, nell’alba, era la distanza infinita; nel mio cuore di navigante saliva, brillava, scintillava la spuma del vino biondo, cantava in me, non distinta, la folle musica dei bicchieri, la poesia felice, ingannatrice, che trilla su gli archi dei violini e scuote via dall’anima la polvere del buio dolore. In me, per ogni atomo, penetrava la gioia della carne umana, lo spasimo del grembo che si contorce, la viva e tremante furia della volutt

Quella che a me non diedero le canzoni dei pazzi violini, la scintillante spuma de’ bicchieri colmi, diveniva or mia presso la Fontana di Lourdes, nel ribrezzo dell’infinito umano dolore. Fuggimmo. I boschi erano verdi, erano fragranti; qualche rosa nasceva, chiss

Sono voci di fanciulli che scendono dall'alto della cantoria nella chiesa, accompagnate dal suono grave dell'organo e da alcuni violini, sapientemente toccati. Le voci erano così dolci, così soavi, così carezzevoli. Sembrava udire il canto degli angeli nella notte di Natale.

Come sorrideva il vecchietto in tutta la durata dei sospiri del settecento, agli scherzi dei violini, rievocanti tutto un passato dolce, sparso di polvere d'iris e odoroso di buon cioccolatte. Cari amici, in questo vicoletto al Rione si sogna; e che buon sole, che buona musica, amici miei! E vi tornai. Ancora il professore Otto Richter non mi aveva tutto narrato di .

Allora sui nostri pallori cadaverici, sulla mia Anima e su di me, i violini immensificati, inarcando la groppa del loro suono, soffiarono come gatti l'odio acido e giallo della loro gola bavosa! E la mia Anima esaltata gridò con voce sorda: Amico! Amico!... Guarda!