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Enrica, mentre la mattina era nella serra, avea ricevuto una lettera, gettata nel grembo di lei da un fanciullo, che s'era poi dato a correre come un capriolo. Sulle prime Enrica fu tentata di buttar via quella lettera senza aprirla: ma un forte presentimento la vinse. La lettera era di Roberto Jannacone; egli le annunziava il suo ritorno; le dava convegno nel luogo più inaccesso del parco.

Lesto Macaruffo fece sonare un mazzo di chiavi; orribile armonia, onde tutta si risentì la nostra infelice, tanto più quando in quell'ora straordinaria l'intese drizzarsi verso la sua prigione ed aprirla. In fatto egli schiuse, e con un ghigno di maliziosa petulanza sporgendosi mezzo in quella camera, le disse: Buone nuove, signora, buone nuove: l'illustrissimo signor principe è di l

Emilia camminava tremando, e si fermò un momento alla porta prima di risolversi di aprirla. Si avanzò verso il quadro, che parea di straordinaria grandezza e trovavasi in un canto; si fermò nuovamente; alla fine, con mano timida alzò il velo, ma tosto lasciollo ricadere. Non era un dipinto che aveva veduto, e, prima di poter fuggire, svenne sul pavimento.

Nella camera del signor Basilio, che abbiamo saputo esser chiusa a tutti, meno che alla vecchia serva una volta alla settimana, esisteva nel pavimento a fianco del letto una botola, la quale però non era di legno, ma bensì di mattoni, sicchè quando era chiusa non poteva scorgersi, tanto era simile al resto del mattonato, e così pesante che una persona la quale fosse stata sotto di quella invano avrebbe tentato di alzarla. Il signor Basilio peraltro aveva il modo di aprirla colla maggior facilit

Le memorie irrompevano nella mente del Landini, ed egli se ne restava , dinanzi alla finestra con gli sguardi errabondi, tenendo la lettera in mano, ma senza decidersi ancora ad aprirla... Era stato tutto un romanzo, un romanzo di passione, di tormenti, di felicit

A costo della propria vita, a costo della vita di entrambi bisognava rivederla, non fosse che un istante.... La porticina era chiusa; ogni sforzo per aprirla riusciva vano. «Bianca!... Bianca!...» Il grido si perdeva nel silenzio afoso del pomeriggio. «Bianca!... Soccorso!...» Tentò di arrampicarsi sul muro, lacerandosi gli abiti, le mani, la faccia.

La poveretta non gli parlava, soltanto gli scriveva: e ogni dieci o dodici lettere di lei, egli rispondeva, per dimostrarle che quell'amore doveva morire. Maria desiderava queste lettere come la benedizione del cielo, ma quando gliene consegnavano una, non osava di aprirla, immaginava tutto il suo straziante contenuto. Mario Felice mancava agli appuntamenti: poi, partì. Ella cadde gravemente inferma: egli ritornò, ma non potette assisterla, non gli era permesso di andare in casa di lei. Le mandava un comune amico, che non ignorava il loro segreto: e questo amico le diceva quelle vaghe parole di consolazione, che dovrebbero confortare chi ha fatto una perdita irreparabile. Nella convalescenza, ella scrisse a Mario Felice, tristamente, delle lettere piene di lagrime: ed egli le rispose con molta tenerezza, senza una parola di amore, ma con tenerezza, con molta tenerezza, che si sarebbero riveduti, l

Per risparmiarla a lei, mi umiliavo io. Spiavo le mosse di quell'uomo, gironzavo intorno a casa mia, intercettavo la posta. Un giorno trovai una lettera nascosta dentro un giornale di mode sotto fascia. Mi parve d'impazzire. Presi la lettera e la consegnai a lei senza aprirla. Le chiesi soltanto chi le scrivesse.

Gli zuavi di guardia, superiori di numero, si difesero con accanimento, ma dovettero cedere all'impeto degli audaci Romani; questi s'impadronirono della porta, e non potendo aprirla, vi appiccarono il fuoco, e così schiusero il varco.

La baronessa riappariva in quel momento. Malgrado il suo braccio destro fosse irrigidito per lo sforzo di sostenere una vecchia valigia polverosa, ella entrò nella stanza con passo affrettato, con una risolutezza in tutti i suoi movimenti. Gettò la valigia per terra, s'inginocchiò per aprirla con una piccola chiave che teneva gi