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Aggiornato: 19 giugno 2025


Era la prima volta che aveva lottato; che aveva dovuto ricorrere a certe arti di seduzione, che non aveva usato fino allora mai; che aveva cercato di piacerle, di conquistarne il cuore. Lui, Nerone, il divino Apollo, si era abbassato a lei, aveva supplicato affetto, aveva mendicato amore. E lei aveva resistito; non si era arresa; aveva fatto la sorda alle sue promesse, alle sue minacce; aveva osato resistere financo alla violenza. Una cristiana.... un'incendiaria di Roma; perchè i cristiani avevano incendiato l'eterna citt

Chi suggerì di trasportare un occhiello, chi avrebbe voluto più largo il bavero alla marinara: ma tutto sommato, tutte si accordarono che il giovanotto valeva i suoi cinque soldi. Senza aspirare alla gloria di Apollo, il nostro Amedeo, non troppo alto ma ben piantato e saldo nei muscoli, largo e corazzato il petto di robustezza, era quel che si dice un bel barcaiolo.

Apollo il vide, e 'l vider seco insieme tutte le nove Muse, ed egli, ed elle, fede ne fanno a chi con lor ragiona. Movete, o sante Dive, a i vostri onori, cinte le tempie d'odorati allori. E quest'è 'l fonte in cui, cui 'l ciel non nega di poter pur bagnar le somme labbra, cantar si sente al par de i bianchi cigni.

Non ho da render conto agli Dei; amo quell'uomo. Scendesse Apollo in terra, Apollo che è pure il dio della bellezza, della poesia e dell'arte, egli non avrebbe uno sguardo da me: non lo avrebbe avuto quand'ero ancor giovine, e bella davvero (posso oggi parlarne senza incorrere la taccia di superbia) e gi

Ne la sua pianta il verde eterno vive; vivono eterni i fior, vivono i frutti: muta vista per mutar stagione. Beato, eterno umor che liete e chiare fai le piante, le fronde, i frutti e i fiori; i' pur spengo di te mia lunga sete: e 'n te s'attuffan mie bramose labbra. O che veggio? O che intendo? Il cieco velo tolt'è da gli occhi miei: m'è fatto amico il sacro coro, amico il santo Apollo.

Non era egli forse Apollo, il padrone del santuario? Ricordò Corinto. Voleva tagliare l'istmo e precedette tutti nel lavoro. Lavorava con una zappa d'oro. Ricordò i suoi amori e la coppa del piacere vuotata fino alla nausea.

Il cortigiano è lieto di poter allontanarsi dalla presenza dell'infuriato signore col pretesto di eseguire gli ordini. Egli urla, grida, freme. La corona imperiale spetta soltanto a lui, all'erede del divino Augusto, all'immortale Apollo, che si è degnato rivelarsi ai mortali.

Sente egli la difficoltá dell'impresa, ed è quasi smarrito innanzi all'altezza del soggetto: chiama in soccorso Apollo e Calliope, manda un'apostrofe calda alla Fortuna; nessuno risponde. Finalmente gli appare la Provvidenza; gli fa da guida e da maestra, e lo introduce ella nel palazzo della Fortuna.

Férmati, Apollo, pregoti, nel grado, ch'oggi ascendendo e poggi e selve abbelli, e gli aurei tuoi capelli tempratamente spandi a l'universo; onde amorosi, leggiadretti e snelli ne vengon gli animali tutti al vado non d'Istro, Gange o Pado, ma del suo natural obbietto verso, c'ha l'un de l'altro, quand'è 'l ciel piú terso, verde la terra, il mar tranquillo e piano. Amore.

Il giovane schiavo bello balzò in piedi, guardò l'orologio ad acqua e si prostrò a terra. È la quarta vigilia della notte, divino Apollo, rispose. La quarta vigilia. L'alba non era ancora spuntata sul cielo. Egli si era coricato, che la terza vigilia stava per finire. Aveva dormito brevissimo tempo. Eppure un simile sogno.

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