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Il custode entrò, lo seguii, mi trovai in mezzo ai sepolcri, o meglio in un sepolcro oscuro e freddo come la grotta d'una montagna. È una piccola sala ottagonale, tutta marmo, con un altarino nella parete opposta alla porta, e nelle rimanenti, dal suolo alla vòlta, l'una sull'altra, le tombe, distinte con ornamenti di bronzo e bassorilievi; la vòlta corrisponde all'altar maggiore della chiesa. A destra dell'altare son sepolti Carlo V, Filippo II, Filippo III, Filippo IV, Luigi I, i tre Don Carlos, Ferdinando VII; a sinistra le imperatrici e le regine. Il custode avvicinò la fiaccola alla tomba di Donna Maria Luisa di Savoia, moglie di Carlo III, e mi disse con aria di mistero: Legga. Il marmo è rigato in vari sensi; con un po' d'attenzione riescii a raccapezzare cinque lettere; è il nome Luisa scritto dalla stessa regina Luisa con la punta delle forbici. A un tratto il custode spense la fiaccola e rimanemmo nelle tenebre: mi si agghiacciò il sangue nelle vene. Accenda! gridai. Il custode rise d'un riso lungo e lugubre, che mi parve il rantolo d'un moribondo, e rispose: Guardi! Guardai: un debolissimo raggio di luce, scendendo da un'apertura vicino alla vôlta, lungo la parete, sin quasi al pavimento, rischiarava appena tanto da renderle visibili, alcune tombe di regine; e pareva un raggio di luna; e i bassorilievi e i bronzi delle tombe luccicavano a quel barlume d'una luce strana, come se stillassero acqua. In quel momento sentii per la prima volta l'odore di quell'aria sepolcrale, e mi prese un brivido di freddo; penetrai, coll'immaginazione, in quelle tombe, e vidi tutti quei cadaveri irrigiditi; cercai uno scampo al di sopra della vòlta, mi trovai solo nella chiesa; fuggii dalla chiesa, mi perdetti nei labirinti del convento; mi rifeci presente a me stesso, in mezzo a quelle tombe, e sentii che veramente ero nel cuore dell'edifizio mostruoso, nella parte più profonda, nel recesso più gelido, nel penetrale più tremendo; e mi parve d'esser prigioniero, sepolto in quel gran monte di granito, e che mi gravitasse tutto addosso, e che da tutti i lati mi premesse, e mi chiudesse l'uscita; e pensai al cielo, alla campagna, all'aria libera come a un mondo remoto, e con un sentimento ineffabile di mestizia. Signore! mi disse solennemente il custode, prima di uscire, tendendo la mano verso la tomba di Carlo V: L'imperatore è l

Essi erano giunti dinnanzi alle prime case della borgatella; le contadine, ferme sugli usci, guardavano curiosamente la coppia; e una di esse, spingendo col gomito una compagna per richiamarne l'attenzione, aveva esclamato con tutta l'espressiva efficacia del dialetto: «Come è bella l'Inglese!...» Ermanno aveva visto l'atto e udite le parole. Vi era una grande lusinga per lui in quell'ingenuo giudizio, una intima lusinga che si traduceva nell'espressione ridente dello sguardo; e voltandosi a guardare Massimiliana, egli disse: «Ha sentito, signorina?... La prendono per una Inglese...» Massimiliana di Charmory sorrise lievemente. «Tutti gli stranieri sono Inglesi per questa buona gente!...» In quel punto, gli occhi le erano andati sopra un altarino scavato nel rustico muro che chiudeva un podere, e tutto ornato di frasche e di aranci, su cui erano sparsi dei piccoli fiocchi di candida bambagia. «Guardidiss'ella, arrestandosi un momento dinnanzi. «Che cosa significa?..» Ermanno, che aveva scorto quei fiocchi bianchi, oggetto dell'attenzione della sua compagna, rispose: «È per ricordare la neve caduta durante la notte del Natale...» Egli aveva pronunziate quelle parole con un leggiero turbamento. Conosceva da ragazzo l'uso tradizionale che in un paese dove l'inverno è una continua primavera, vuol ricordare intorno all'imagine del Salvatore l'ostilit