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Aggiornato: 2 maggio 2025
Il Governatore ricomparve, ravvolto in un caic bianchissimo, che gli scendeva dal turbante fino ai piedi. Lasciò le babbuccie gialle in un canto e sedette, coi piedi nudi, sopra una materassa, in mezzo al Ducali e all'Ambasciatore. Gli schiavi portarono vasi di latte e piatti di dolci, ed egli stesso, Ben-el-Abbassi, fece il tè e lo versò in bellissime tazzine di porcellana chinese, che il suo servo favorito, un giovane mulatto dal viso rabescato, portò in giro ad una ad una. Non si può dire la grazia e la dignit
Gli fu spedita ogni cosa e istruzione di tornare a Berna e presentarsi per consigli all'ambasciatore francese, fatto complice della trama egli pure. Tornò, sotto il nome di Pietro Corelli, il 6 agosto. Ebbe un abboccamento la sera col duca di Montebello.
Il loro comandante, un grosso vecchio dalla barba bianca, d'aspetto benevolo, con un turbante altissimo, porse la mano all'ambasciatore dicendo: Siate il benvenuto! Siate il benvenuto! e quindi a noi: Benvenuti! Benvenuti! Benvenuti! Ci rimettemmo in cammino.
La mattina seguente, al levar del sole, il governatore Ben-el-Abbassi si presentò all'ambasciatore per accompagnarlo fino ai confini della sua provincia. Appena discesi dall'altopiano dell'accampamento, ci si spiegò dinanzi agli occhi l'orizzonte immenso della pianura del Sebù.
La banda, schierata davanti alla tenda, continuava a sonare con ferocia crescente. Un gesto supplichevole dell'Ambasciatore li fece tacere. Allora assistemmo a una scena assai curiosa. Quasi nello stesso punto si presentarono concitatamente all'Ambasciatore, uno a destra e l'altro a sinistra, un nero ed un arabo.
Il famoso ministro porse tutt'e due le mani, con un atto vivace, all'Ambasciatore, chinò la testa sorridendo verso di noi e ci fece entrare in una piccola sala a terreno, dove sedemmo.
Era una seconda mona, spontaneamente offerta all'Ambasciatore da Sidi-Mohamed-Ben-Auda, forse per farsi perdonare il cipiglio minaccioso della mattina. I piatti non erano ancora messi in terra, che comparve il governatore coi suoi cinque figli, tutti a cavallo, seguiti da uno stuolo di servi. L'Ambasciatore li ricevette nella sua tenda e conversò con loro per mezzo dell'interprete.
Quando ci alzammo da tavola, venne un ufficiale ad annunciare all'Ambasciatore che Sid-Mussa stava dicendo le sue preghiere, e che appena finito, avrebbe con grandissimo piacere conferito con lui. Subito dopo comparve un vecchio tutto tremante, sorretto da due mori, il quale afferrò le mani all'Ambasciatore e gliele strinse furiosamente dicendo con grande concitazione: Benvenuto! Benvenuto! Benvenuto l'Ambasciatore del Re d'Italia! Benvenuto fra noi! Bel giorno per noi! Era il gran sceriffo Bacali, uno dei più potenti personaggi della corte e dei più ricchi proprietari dell'Impero, confidente del Sultano, possessore d'un grande arém, malato da due anni di dispepsia; il quale rallegra, si dice, gli ozî del suo Signore con motti arguti e atteggiamenti comici; facolt
È venuta una comitiva di donne ebree a presentare non so che istanza all'Ambasciatore. Nessuno potè sottrarre le mani alla pioggia dei loro baci.
Ma i segni precursori di un'invasione di schiere volontarie, come chiaramente apparivano dalla lettera di Garibaldi, davano molto da pensare al Governo romano; il cardinale Antonelli passava, il 26 aprile, una nota all'ambasciatore francese in Roma, conte Sartiges, nella quale esprimeva questi timori.
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