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Io fui ’n su l’alto e ’n sul beato monte, Ove adorai baciando il santo sasso, E caddi ’n su quella pietra, ohimè lasso! Ove l’Onesta pose la sua fronte. E ch’ella chiuse d’ogni virtù ’l fonte Quel giorno, che di morte acerbo passo Fece la donna dello mio cor lasso, Gi

Figlia, i rami di pesco e biancospino di che s’adorna il tuo bel marzo acerbo, cangia il soffio del tempo in un superbo sfiorir di rose lungo il mio cammino. Gi

Tratterrò in tanto Lúcia, ché non venisse a sorte a la fenestra e guastasse la torta. Oh! co! co! co! FILOCRATE. Abbi speranza in donne! abbi in lor fede! credeli il paternostro! Ahi reo costume! Chi tanto ha posto in voi di falso e vano? tanto di crudo, iniquo, acerbo ed empio? Chi vi ci fa suggetti? Ma che!

Il viceré non vuol mancar alla giustizia, ma don Rodorigo vi priega che questo viceré non sia constretto a farla; e voi, se sète prudente e savio, dovreste prevenirmi con i prieghi di quello che or priego voi. EUFRANONE. Signor viceré, se ho parlato cosí senza rispetto, ne è cagion il dolor acerbo della morte della mia figliuola, non il desio della morte di vostro nipote.

non poté suo valor fare impresso in tutto l’universo, che ’l suo verbo non rimanesse in infinito eccesso. E ciò fa certo che ’l primo superbo, che fu la somma d’ogne creatura, per non aspettar lume, cadde acerbo; e quinci appar ch’ogne minor natura è corto recettacolo a quel bene che non ha fine e con misura.

Quello di Laurenti era stato uno di quegli amori poggiati sul falso, tormentosi come un cattivo sogno, che toccano talfiata, acerbo tirocinio del cuore, ai giovinetti inesperti.

51 Che se ben il trovarmi ora in procinto d'uscir di vita m'era acerbo e forte; pur mi sarei, come è commune istinto, dogliuta sol de la mia trista sorte: ma ora, o prima o poi che tu sia estinto, più mi dorr

18 De la vittoria poco rallegrosse Orlando; e troppo gli era acerbo e duro veder che morto Brandimarte fosse, del cognato molto esser sicuro. Sobrin, che vivea ancora, ritrovosse, ma poco chiaro avea con molto oscuro; che la sua vita per l'uscito sangue era vicina a rimanere esangue.

DON IGNAZIO. Questa felicitá mi presagio di mal piú acerbo; ché amandola non riamato, quanto l'amarò riamato? piú m'infiammarò di quel desiderio di cui sempre son stato acceso. Ma dimmi, che ti par di lei?

non altrimenti fatto che d’un vento impetüoso per li avversi ardori, che fier la selva e sanz’ alcun rattento li rami schianta, abbatte e porta fori; dinanzi polveroso va superbo, e fa fuggir le fiere e li pastori. Li occhi mi sciolse e disse: «Or drizza il nerbo del viso su per quella schiuma antica per indi ove quel fummo è più acerbo».