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Aggiornato: 10 maggio 2025
Si sollevò a tale vista il cuore del Sequi, balzarono in piedi i due profughi, e ridottisi col bravo ingegnere in una cameretta del Molino, lo abbracciarono come un fratello, mentre esso raccontava le vicende della giornata, le pratiche fatte, e la buona speranza di trarli da quelle strette mercè l'aiuto dei liberali di Vaiano e di Prato. Allora il Generale, chiamato il mugnaio, lo ringraziava dell'ospitalit
Presero una zuppa i due esuli, e avanti di partire cambiarono il loro vestito coi fratelli Lapini, cioè Garibaldi con Giulio, e Leggero con Riccardo, e disse il Leggero che così avevano fatto diverse volte durante il loro trafugamento, unica misura di sicurezza che era stato possibile far prendere al Generale. Erano le 5, ora stabilita per la partenza, ed essendo riuniti nel salotto della casa Guelfi gli esuli, i fratelli Lapini, e i quattro Scarlinesi, Giulio si rivolse al Garibaldi, e gli disse come buon augurio: «Sapete, Generale; oggi abbiamo letto nei giornali a Massa che eravate a Venezia in compagnia di Manin e del generale Pepe, e ne abbiamo riso di cuore, perchè nessuno vi sospetta qui.» Poi gli accennò ai quattro Scarlinesi come giovani a tutta prova, dicendogli: «E ora vi consegno in mano di amici tali quali avete incontrato fin qui.» Garibaldi e Leggero abbracciarono e baciarono i fratelli Lapini, e li pregarono di ringraziare a loro nome Angiolo Guelfi per l'ospitalit
Allora il maggiore: Voi siete giovane, ed io posso essere vostro padre; permettetemi che vi abbracci. E mi abbracciò, e gli altri mi abbracciarono. Io poco dittatorialmente mi sottomisi alla funzione di reliquiario, cercando di capacitarmi se costoro fossero soldati o sagrestani, e guardando se disotto al balteo della spada pendesse il rosario.
Leonardo ed Ernesta si abbracciarono stretti, senza parole, senza lagrime.... Tante commozioni e tanti contrasti furono funesti all'amabile cuginetta. Due giorni dopo il dottor Agenore, recandosi a far visita a Leonardo, si vide venire incontro Ernesta con modi da indovinello, tra il serio ed il burlesco. Presto, presto, dottore, si ha bisogno di lei. Leonardo?
Di ritorno nel salotto provò un'impressione di sollievo vedendo Alberto. Partiamo? gli disse. Egli rispose gentilmente: Come vuoi. Nell'andito sbucò fuori la Ninetta, complimentosa, aggiungendo i propri saluti a quelli che i suoi padroni andavano facendo agli sposi. Le due signore si abbracciarono, promettendo di vedersi spesso. Ninetta soggiunse: Ma sì, venga!
Imperciocchè, il coraggio morale in Francia non è così comune come il coraggio fisico. Si brava la morte. S'impallidisce innanzi a un epigramma. I due fratelli ebbero un colloquio di più ore, chiusi nel gabinetto del medico. E quando si separarono, si abbracciarono teneramente. La politica li aveva un po' straniati.
Dal canto suo Concetta, donna giudiziosa se mai ve n'ebbe, s'era tirata in mente i consigli della mamma, il sì pronunziato all'altare, l'invidia delle amiche rimaste zitellone, aveva pensato al dolore dei suoi, alla segreta gioia ed alla falsa compassione delle compagne e conchiuso che forse dopo tutto Sulpicio non era cattivo, e che se non fosse stato quel disgraziato intingolo che sapeva di fumo... Quando Sulpicio venne col suo più bel sorriso, Concetta aveva anch'essa il suo più bello, si strinsero le mani, si abbracciarono stretti e fecero la pace.
Alcune grosse lagrime gli gocciarono sulle guancie e nell'alzar gli occhi in viso alla Tecla scorgendola tutta in pianto e addolorata diede egli pure in uno scoppio di singulti, e quel ruvido ma onesto cuore fu schiantato dall'affanno. Si abbracciarono, e mentendo a sè stessi sussurrarono con voce spenta e fievole: Coraggio, Tecla! Oh sì, fatevi animo, Giaimo!
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